A viale Mazzini da che parte tira il vento della politica si sente sempre in anticipo. E se è vero che tira verso le elezioni anticipate previo accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sul sistema di voto alla tedesca, ecco allora che in vista della campagna elettorale urge tirare le redini del Cavallo.
La crisi del vertice della Rai si apre ufficialmente con la bocciatura del piano per l’informazione portato in cda dal direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, spedito sulla tolda della tv pubblica direttamente dalla Leopolda e al quale l’allora presidente del consiglio Renzi aveva voluto conferire per legge super poteri perché era ora che la politica facesse un passo indietro.

Ma Antonio Campo Dall’Orto non è stato dietro al passo imposto dallo stesso Renzi (le voci sull’insoddisfazione del segretario del Pd per la gestione Cdo si sono diffuse molto presto) e così la politica si è ripresa la scena. E il direttore generale sarebbe pronto, domani, a rassegnare le dimissioni a Pier Carlo Padoan, titolare del ministero azionista Rai.

Le redini però potrebbero essere sfuggite di mano. Da settimane si parlava di un siluro in arrivo dal Nazareno, diretto verso la poltrona più alta di viale Mazzini. Il martellamento da parte dem (in particolare Michele Anzaldi) contro programmi di Raitre come Report e Cartabianca e l’ostilità ormai palese della gran parte del cda nei confronti del direttore generale sembrava preparare il terreno, in attesa della decisione di Renzi, appunto. E a cannoneggiare campo Dall’Orto ci si era messo anche il leader di Ap Angelino Alfano. Nel frattempo, il direttore generale era stato messo a bagnomaria con il rinvio dei nodi più spinosi.

Ieri invece, la precipitazione. Prima il consigliere centrista Paolo Messa abbandona la riunione: «E’ venuto meno il rapporto di fiducia con il direttore generale», sentenzia. Poco dopo il piano news, che avrebbe dovuto rilanciare il digitale con la guida di Milena Gabanelli (nei giorni scorsi si era detto che su questa nomina Maggioni aveva storto il naso), viene bocciato e a consiglio d’amministrazione ancora in corso le agenzie di stampa riportano la versione di «fonti vicine» a Campo Dall’Orto. E’ stato lui, dicono le «fonti», a dover insistere per andare al voto sul piano news, perché l’orientamento prevalente del consiglio era di rinviare ancora. Campo Dall’Orto, prosegue la ricostruzione, avrebbe potuto galleggiare ancora a lungo, ma ha preferito andare alla conta. Incassando anche il no della presidente Monica Maggioni (che in cda avrebbe fatto un intervento molto duro). Astenuti Carlo Freccero e il consigliere indicato dall’azionista, Carlo Fortis.

Unico voto a favore, quello di Guelfo Guelfi, il consigliere più vicino a Matteo Renzi. Un modo, quello di Guelfi, per non mettere la firma del segretario Pd in cima al siluro? C’è chi, al contrario, sostiene che Renzi avrebbe volentieri evitato la precipitazione adesso. Anche perché non essendo più a palazzo Chigi, ha più difficoltà a imporre un successore di Campo Dall’Orto ancora più fedele. E sulla a Rai è molto alta l’attenzione del Quirinale.

Ma la resa dei conti era comunque inevitabile (già per due volte il consiglio aveva votato contro il dg) e i rapporti tra la presidente Maggioni e Cdo erano sempre più tesi. A questo punto il direttore generale andrà a riferire la situazione all’azionista e, a quanto pare dopo prime voci di una sua resistenza, a dimettersi. Il consiglio d’amministrazione, del resto, non avrebbe il potere di sfiduciarlo.
Le «fonti vicine» al direttore generale nel pomeriggio dicevano anche che le motivazioni dello stop al progetto newe «sono tutte politiche e si rischia che la Rai resti ferma e ostaggio della politica».

Il clima con il consiglio, dopo l’uscita di queste considerazioni, diventa ancora più teso. «Sono uscite delle agenzie con contenuti gravi. Non è vero che il voto ci è stato imposto, io non prendo ordini da nessuno», tuona Guelfi in una conferenza stampa convocata dai consiglieri che decidono di sospendere la riunione per parlare con i giornalisti. «Io non prendo ordini da nessuno, se qualcuno pensa di risolvere la cosa dando la colpa alla politica, ha sbagliato indirizzo»», gli fa eco anche Franco Siddi – il consigliere più vicino al sottosegretario Giacomelli, franceschiniano – che ha votato no al piano come l’altra consigliera indicata dal Pd, Rita Borioni, vicina a Orfini. Nella conferenza stampa solo Carlo Freccero chiede espressamente che il dg non lasci ma, dice, «ha peccato di mancanza di astuzia. Se avesse avviato un rapporto collaborativo con la presidente e con noi del consiglio, non saremmo a questo punto».

Ma gli altri non chiedono al dg espressamente di rimanere: «Non si può andare avanti a lungo se non si trova un punto di marcia condiviso», dice Siddi. «I rapporti di fiducia si incrinano e si possono anche ricostruire, ma ci devono essere le condizioni», è appena più morbida Borioni.

Ma la ricostruzione sembra ormai impossibile. Il toto successore di Cdo è già partito, e non da ieri. Tra i nomi in circolazione, quello di Paolo Del Brocco, attuale responsabile di Rai Cinema. Ma c’è anche l’ipotesi che fino sulla poltrona del direttore generale passi la presidente Monica Maggioni.