Per la seconda volta in pochi mesi, Porta a Porta occupa una seduta dell’Antimafia. Era toccato all’ex direttore di Raiuno Giancarlo Leone essere ascoltato dalla commissione parlamentare guidata da Rosi Bindi sulla vicenda dei Casamonica ospiti nel salotto di Bruno Vespa. Ora sono direttamente il direttore generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto e la presidente Monica Maggioni, convocati d’urgenza, a dover dare spiegazioni dell’intervista a Salvo Riina andata in onda mercoledì sera in mezzo a un fiume di polemiche.

Polemiche che il giorno dopo non si placano, anzi. E da fuori precipitano nell’audizione, in particolare il nuovo affondo del presidente del senato Pietro Grasso: «Non si può banalizzare la mafia, non si ci si deve prestare a operazioni commerciali e culturali di questo tipo, e una puntata riparatoria non giustifica, anzi sembra mettere sullo stesso piano il punto di vista della mafia e quello dello Stato», dice l’ex magistrato in riferimento al Porta a Porta di ieri con Alfano e Cantone. Non solo: «Quando sono andato alla Rai la liberatoria me l’hanno fatta firmare sempre prima, anche quando abbiamo fatto registrazioni. Ho sentito che lui (Salvo Riina, ndr) ha firmato dopo aver visto il filmato», un «grande rispetto anche da parte della Rai…».

Anche la questione della liberatoria viene sollevata in Antimafia, «ma le domande sono state fatte in libertà», assicura campo Dall’Orto. Per Bindi, invece, «è evidente che il perimetro delle domande sia stato fissato da Riina e dall’editore, non si è toccata la vera realtà di Cosa Nostra. Riina ha negato l’esistenza della mafia lanciando messaggi inquietanti. Non possiamo non chiederci se in questa fase di riorganizzazione della mafia le sue parole non siano indirizzate ai clan e ad altri interlocutori. Vespa domandava, domandava, ma lui non rispondeva, l’intervista poteva finire lì». E «l’annuncio di una puntata riparatrice fa passare un messaggio gravissimo: che ci possa esser par condicio tra mafia e chi la combatte». Più tardi Bruno Vespa risponderà direttamente in tv: «La Rai ha chiarito che non c’è niente da riparare». Perché i vertici Rai definiscono quella puntata «un approfondimento». In commissione, Maggioni e Campo Dall’Orto però, pur cercando di parare i colpi che arrivano da tutte le parti, non difendono a spada tratta il conduttore. Sia il dg che la presidente spiegano di aver voluto evitare una censura preventiva, ma Maggioni non è convinta che sia stata la scelta migliore: nessun «negazionismo della mafia» (espressione usata da Bindi l’altro giorno) da parte della Rai «come dimostra la programmazione quotidiana da decenni. Poi però – prosegue – accade quello che è accaduto ieri. Dobbiamo tenere conto del contesto e delle responsabilità del servizio pubblico. E nella nostra programmazione la vittima e l’aguzzino non devono avere la stessa dignità di racconto. E’ difficile accettare e applicare la censura a qualcuno che ha una lunga storia professionale. Ma poteva avere un senso». Però, replica la presidente alla fine del lungo dibattito, «non posso sentir dire in quest’aula che Vespa è portavoce della mafia».

Il dg Campo Dall’Orto, invece, non parla da giornalista come fa la presidente (che rifarebbe lei stessa l’intervista, dice tra l’altro, ma «ci sono molti modi per fare la stessa cosa»), ma si fa scudo della valutazione di Carlo Verdelli, direttore editoriale per l’offerta informativa Rai. Verdelli «ha ritenuto che l’intervista fosse giornalisticamente difendibile e potesse contribuire ad aumentare il confronto rispetto al racconto intorno alla mafia. Il mio compito non è essere censore né l’ultimo decisore di tutto, ma l’ultimo decisore solo quando serve». Insomma, il dg difende la scelta. Scelta che però viene stroncata anche dal giro strettissimo di Renzi. La puntata? «Non l’ho vista. Non l’ho voluta vedere», replica lapidario Luca Lotti, e già è molto per un taciturno come il sottosegretario.

Dal canto suo, il dg renziano aggiunge un elemento poco rassicurante per il futuro: «Verdelli nel caso di ieri ha deciso su un contenuto che è arrivato sul suo tavolo. Domani invece sarà una decisione presa su un contenuto deciso insieme alla direzione informazione. Questo è il salto: agire all’origine». Perché da settembre ci sarà una supervisione preventiva dei contenuti giornalistici, «ovunque essi siano». E i sindacati dei giornalisti Fnsi e Usigrai protestano: il «supercommissario» per l’informazione sarebbe «in chiara violazione della legge e del contratto di lavoro», una figura «che non esiste in nessuna azienda italiana ed estera».