Nella serata di venerdì la sindaca di Roma Virginia Raggi ha ritirato le deleghe all’assessore alla cultura Luca Bergamo, che era anche il suo vice, e a quello al turismo, al commercio e allo sviluppo economico Carlo Cafarotti.

AL LORO POSTO entrano in giunta rispettivamente la delegata alle pari opportunità Lorenza Fruci, giornalista e operatrice culturale che di Raggi è stata compagna di scuola, e il consigliere grillino Andrea Coia. La carica di vicesindaco verrà ricoperta da Pietro Calabrese, attuale assessore ai trasporti oltre che consigliere comunale considerato vicinissimo alla sindaca.

DUNQUE, gli avvicendamenti in giunta in quattro anni e mezzo di esistenza salgono a diciannove. Quasi una consuetudine, anche se probabilmente questo strappo nella squadra della sindaca è destinato a lasciare più cicatrici degli altri e a pesare di più politicamente in vista delle prossime elezioni comunali. Perché Luca Bergamo, il cui nome era stato annunciato prima ancora del ballottaggio che aveva incoronato Raggi e la cui scelta aveva destinato qualche sorpresa vista la sua storia tutta interna al centrosinistra romano, veniva considerato l’uomo in grado di mettere in connessione la galassia grillina e il Pd romano. Non è un caso che la frattura con la sindaca si era palesata quando, nello scorso mese di agosto, Raggi aveva annunciato la sua ricandidatura, prendendo in contropiede anche gran parte del Movimento 5 Stelle che non aveva ancora deliberato la moratoria al tetto dei due mandati per chi proviene da esperienze amministrative. Da quel momento Raggi e Bergamo erano apparsi separati in casa, tanto che prima di procedere unilateralmente alla rimozione la sindaca avrebbe chiesto all’assessore di dimettersi.

ANCORA IERI, Bergamo ha rimproverato alla sindaca di essersi mossa «senza confrontarsi, senza riflettere sui limiti dell’esperienza», pregiudicando così ogni possibilità verso «un’innovativa alleanza politica» che nelle intenzioni dell’ex vicesindaco avrebbe potuto ricalcare quella . «Resto convinto che condividere e riflettere serenamente sull’esperienza di questi anni possa aiutare a preservarne gli esiti migliori e dare forma al progetto di futuro che non emerge dal confronto politico quotidiano, ma che è indispensabile», afferma l’ormai ex vicesindaco, che sembra disponibile a giocare un qualche ruolo quando afferma: «Nei limiti del possibile concorrerò a farlo». Posizioni simili nelle scorse settimane sono state espresse dai cinque consiglieri comunali grillini che hanno lanciato il «Piano per Roma» e che pur ribadendo la loro fedeltà ai principi fondativi del M5S e senza mai nominare esplicitamente la sindaca, sostengono si debbano mettere da parte «personalismi» e ricercare alleanze larghe a partire dai contenuti programmatici. Nel frattempo, si intensificano le voci che vorrebbero che il voto previsto per la primavera inoltrata rinviato a dopo l’estate.

MENTRE IL PD è ancora alla ricerca di un candidato, dunque, Raggi prosegue la sua corsa verso la ricandidatura, anche nel momento di difficoltà della maggioranza parlamentare retta dal M5S, con la quale pure prova a giocare di sponda lanciando una serie di incontri volti a ridefinire lo status amministrativo di Roma. «La fiducia e la stima nei confronti di Luca restano alte – aveva spiegato Raggi congedando Bergamo – Soprattutto alla luce del complesso e ottimo lavoro che ha portato avanti in questi anni. Tuttavia, ci sono diversità di visioni politiche per il futuro di Roma. Ne abbiamo discusso di recente senza riuscire a trovare una sintesi». Protestano i segretari romani di Cgil, Cisl e Ui, secondo i quali gli ennesimi avvicendamenti nella giunta della capitale sono «la rappresentazione plastica di come l’impegno della prima cittadina sia solo volto alla preparazione della campagna elettorale e non al bene della città». E l’Arci di Roma si dice «molto preoccupata da una mossa che sancisce il fallimento dell’azione del Campidoglio nei confronti di uno dei settori più colpiti dalla pandemia».