La giunta Raggi, quella che nel suo sito istituzionale promette «il superamento dei campi rom» e l’eliminazione dell’«isolamento e della ghettizzazione che caratterizzano alcune aree della città», si prepara agli sgomberi prescritti dalla circolare Minniti (il prossimo potrebbe essere quello della palazzina occupata in viale del Policlinico, dove vivono 45 famiglie e sulle quali incombe una sentenza del Tar) con nuovi campi e nuovi residence.

QUALCHE GIORNO FA infatti l’amministrazione a Cinque stelle di Roma ha indetto una procedura negoziata per accogliere «nuclei familiari in gravissime condizioni di fragilità e singoli in condizioni di grave vulnerabilità sociale e/o sottoposti a sgomberi; migranti in transito, rifugiati, richiedenti asilo e/o titolari di protezione umanitaria con gravi problematiche psicosociali; stranieri e apolidi, residenti e non residenti». Con questo bando il Comune cerca «strutture di accoglienza temporanea, articolata in moduli abitativi, anche prefabbricati, preferibilmente in contesti “diffusi” nel territorio cittadino o in un unico complesso, per ospitare massimo 100 persone» per un costo complessivo annuo di 890.600 iva inclusa. 24,4 euro al giorno per ogni ospite di un servizio aperto h24. Il bando è rivolto agli enti accreditati come per esempio il consorzio Eriches29 nell’orbita della Cooperativa 29 giugno, e alle organizzazioni umanitarie come la Croce Rossa.

QUESTO MODELLO di accoglienza che ha dissestato le casse comunali con dannosi provvedimenti emergenziali, finora riservato alla segregazione di rom e sinti e avviato in epoca Rutelli con il sistema dei campi e delle roulotte e perfezionato da Veltroni con i moduli prefabbricati dei «villaggi della solidarietà», sarà quindi esteso anche alle altre categorie «fragili», come sono definiti nel bando i migranti e più in generale gli occupanti. Sì perché nel testo si fa riferimento alle «disposizioni impartite dalla Questura di Roma in materia di sgomberi, in particolare di Via Quintavalle e di Via Curtatone» che lascia presagire l’apertura di una stagione di sgomberi a tappeto delle tante occupazioni. Ragione per cui l’amministrazione comunale si starebbe attrezzando per l’accoglienza straordinaria di migliaia di persone.

MA QUI SORGONO TRE ORDINI di problemi: finanziario, di gestione e politico.

A Roma ci sono più di cento occupazioni organizzate in cui vivono circa 10.000 persone. Sulla strada invece si contano circa 8.000 senza fissa dimora. Nei campi abitano circa 10.000 rom e sinti. Un bacino di utenza potenziale dunque di circa 30.000 persone. Se per accoglierne 100 il bando prevede una spesa di 890.600 euro, accoglierle tutte con questo sistema costerebbe una cifra impossibile. Ma il Comune intanto chiede alla Regione un aiuto «per erogare i livelli assistenziali, come previsto dalla legge», stimabile in 20 milioni di euro, stando alla lista dei prossimi sgomberi e calcolando almeno il 25% di nuclei fragili da sistemare al costo previsto.

Senza considerare il fatto che per ciascuna famiglia (composta da 2,4 unità in media per nucleo), si spenderebbero circa 1.767 euro al mese, il costo di affitto di un buon appartamento sul mercato. Inoltre, il bando non prevede soglie reddituali perciò i criteri di cernita saranno quelli del servizio sociale.

E qui entriamo nel tema del modello di gestione. La giunta Raggi annuncia che «saranno assicurati servizio di accoglienza, fornitura pasti, servizio lavanderia, le utenze, pulizia, cambio biancheria e ambienti accoglienti». E allora si apre la questione della qualifica e del numero degli operatori sociali preposti ad un servizio simile. Occorre almeno un operatore ogni dieci utenti al giorno. Quindi per accogliere 100 persone servono 10 operatori (la metà durante la fascia notturna). La tariffa oraria per ogni operatore è di 9,12 euro lordi, quindi circa 600.000 euro solo di personale. Tre pasti al giorno costano poi circa 500 mila euro. Come si sostiene un simile progetto con “soli” 890 mila euro?

Infine c’è un problema di ordine politico. Il M5S ha vinto le elezioni con un programma che prevedeva la chiusura dei campi rom e degli altri luoghi di segregazione, ora invece sembra voler estendente questa tipologia a tutte le persone in condizione di «fragilità». Naturalmente lo fa presentando il progetto con toni enfatici: «Saniamo un vulnus storico di Roma: per la prima volta sarà garantita accoglienza alle famiglie fragili, senza che i nuclei debbano dividersi», afferma l’assessora alle politiche sociali Laura Baldassarre.

DAL PRIMO DICEMBRE, giorno di assegnazione del servizio, sapremo chi ha vinto l’appalto. Qualcuno scommette che le prime 100 persone che entreranno nel nuovo sistema di accoglienza sono quelle sgomberate da via Quintavalle e attualmente ospitate nella chiesa di Santi Apostoli oppure quelli del Camping River senza convenzione dal 30 settembre. Questo vorrebbe dire che la giunta M5S sta proseguendo con la linea del «modello Roma» che prevedeva sgomberi a tappeto, ricollocazione di una parte degli sfollati in nuovi servizi e dispersione spontanea degli altri negli interstizi della metropoli.

Questa pratica emergenziale che va avanti da 25 anni, oltre a sprecare una montagna di soldi invece di investirli in case popolari e riqualificare i quartieri abbandonati, ha determinato la nascita di ghetti urbani e banlieue che adesso potrebbero “arricchirsi” di un altro tassello, quello delle Hooverville pubbliche sul modello delle baraccopoli americane sorte durante la Grande Depressione.