Mentre la maggioranza in parlamento prova a serrare i ranghi, e ad allargarsi marcando un profilo politico più stringente, i primi effetti di questi mutamenti sembrano precipitare nelle vicende amministrative della capitale.

Virginia Raggi prova a cogliere il momento per rilanciare la sua (auto)candidatura e porsi al crocevia del percorso di riforma istituzionale sull’amministrazione della capitale. Così, mentre Giuseppe Conte riuniva il vertice di maggioranza, al Campidoglio si teneva la conferenza dei capigruppo sui poteri e i fondi per Roma. In questa sede, la sindaca annuncia la creazione di un tavolo che riunirebbe ogni due settimane parlamentari e capigruppo dell’Assemblea capitolina per discutere del riconoscimento di poteri speciali alla città metropolitana.

Secondo quanto trapela dal Campidoglio, il lavoro della «commissione tricamerale» proposta da Raggi si intreccerebbe a quello della commissione affari costituzionali (che alla camera è presieduta dal 5 Stelle Giuseppe Brescia) che a sua volta allargherebbe il confronto anche alle parti sociali tramite un programma di audizioni parlamentari. Poi c’è l’altro tema enorme al centro di questa partita, a cavallo tra la riforma dei poteri e la gestione del Recovery fund: quello delle risorse economiche per la capitale, i cui debiti sono ancora commissariati dal ministero delle finanze.

La mossa riguarda l’annosa (e trasversale) questione della governance di Roma. Avrebbe l’effetto di fornire una missione da compiere a Raggi in vista del secondo mandato e al tempo stesso conferirebbe al suo obiettivo un profilo istituzionale che potrebbe persino convincere il Partito democratico a entrare nella partita e mettere la parte le differenze in nome di un traguardo più vasto. Lo dice in qualche modo anche una figura non vicina alla sindaca come Marcello De Vito, presidente del consiglio comunale sospeso dal M5S mentre è in attesa di processo per corruzione, che descrive la traiettoria di un percorso che pare agganciarsi alla prossima consiliatura: «Non si tratta di un lavoro di pochi mesi ma siamo orgogliosi di averlo avviato, d’intesa con tutte le forze politiche – dice De Vito – È un impegno che resta, anche in campagna elettorale, per tutti i capigruppo, affinché la prossima consiliatura possa avere le basi per una città a cui sia riconosciuto lo status di Capitale».

Che si tratta di un tema scottante pare dimostrato anche dal fatto che Luigi Di Maio, che pure non ha ruoli formali di vertice nel M5S e da ministro degli esteri non avrebbe competenza sulla questione, brucia tutti sul tempo e fa da sponda a Raggi. «Condivido pienamente la proposta di Virginia di aprire un tavolo interistituzionale per discutere della riforma dei poteri per Roma Capitale. Credo che il governo debba dare un segnale di apertura in questo senso». Scende in campo anche Alessandro Di Battista, da tempo al fianco della sindaca: «Virginia Raggi chiede una cosa sacrosanta e lo fa seguendo la via del dialogo, della collaborazione, della democrazia. Oggi Roma è sul binario giusto. Manca l’ultimo miglio, mi auguro che in Parlamento tutte le forze politiche raccolgano questa proposta».

Si esprime pure Stefano Fassina: nella veste di consigliere comunale di Sinistra per Roma auspica che la prossima amministrazione romana porti il segno di una «consiliatura costituente».