Sono le prime ore del pomeriggio e Virginia Raggi è fuori dai radar, sottoposta a interrogatorio lungo e riservato, in zona Tuscolana, per evitare l’assedio della stampa. Si apprende che i faldoni che il procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Francesco Dall’Olio portano sottobraccio contengono un’altra patata bollente, una faccenda tutta da chiarire che rende ancora più scomoda la posizione della sindaca. Indagando sulle nomine del Campidoglio, gli inquirenti hanno scoperto che Salvatore Romeo, il dipendente comunale di simpatie grilline che Raggi promosse a capo della sua segreteria politica triplicando il suo stipendio, ha intestato proprio alla sindaca e ad altre persone che paiono riconducibili al giro pentastellato romano, una polizza sulla vita da trentamila euro. La stipula sarebbe avvenuta nel gennaio dello scorso anno, mesi prima che la consigliera uscente dominasse le «comunarie» del M5S aggiudicandosi la candidatura a sindaca e poi stravincesse le elezioni amministrative di giugno. Ielo e Dall’Olio le chiedono di spiegare la circostanza ma non formulano, al momento, alcuna contestazione specifica.

ACCADE PERÒ che il quarto membro del cosiddetto «raggio magico», il gruppetto che stando alle ricostruzioni che circolano in Campidoglio si era stretto attorno a Raggi centralizzando le decisioni chiave, viene investito da una bufera. Prima era stato il turno del funzionario Raffaele Marra, arrestato per corruzione assieme all’imprenditore edile Sergio Scarpellini. E di Daniele Frongia, anch’egli come Raggi ex consigliere comunale nominato vicesindaco e poi estromesso dalla carica dopo l’arresto di Marra. Romeo aveva già visto sfumare la sua promozione nello scorso mese di dicembre, quando la bufera giudiziaria aveva richiesto l’intervento diretto di Beppe Grillo. Il leader era calato con Casaleggio Jr. a Roma per segnare un cambio di passo, marcare stretto la giunta, smantellare il gruppo dei quattro. Quando la notizia arriva in Campidoglio i consiglieri grillini appaiono spaesati, cadono dalle nuvole, respingono ogni insinuazione. «I giornali hanno bisogno di vendere e mettono tutto insieme, noi però continuiamo a lavorare per la città, ci hanno eletto per questo», è la formula consueta del capogruppo in consiglio comunale del M5S Paolo Ferrara. Lui è uno di quelli che guarda con preoccupazione alla fine anticipata della consiliatura: nella precedente tornata amministrativa è stato consigliere al municipio di Ostia, poi commissariato per Mafia Capitale, dunque non avrebbe modo di continuare la sua esperienza amministrativa. Parla anche Pietro Calabrese, altro consigliere: «La polizza intestata da Romeo a Virginia? Verificheremo – dice – Ma non siamo stati eletti per indagare i rapporti tra le persone».

SE L’INCHIESTA sulle nomine riguarda inadempienze formali di per sé non clamorose e se la scomoda presenza di Marra nella stanza dei bottoni ha creato imbarazzi più politici che penali alla sindaca, la storia della polizza rischia di minare ulteriormente il rapporto di fiducia con la base e con gli altri portavoce. Scalpita l’ala legata a Roberta Lombardi, la deputata che da sempre si oppone a Raggi. Proprio lei aveva raccontato ai pm della possibilità che Marra in persona avesse confezionato un dossier contro il rivale Marcello De Vito, il che spiegherebbe il doppio filo che lega la sindaca e l’ex finanziere. Di sicuro, lo racconta lo stillicidio di messaggini intercettati dai pm e diffusi in questi giorni, l’aria dentro alla M5S romano era da tempo tutt’altro che armoniosa. L’assicurazione di Romeo a favore di Raggi rafforza la posizione di chi chiede un intervento al garante Beppe Grillo, che due giorni fa aveva espresso il suo appoggio a Raggi dal blog, seppure ricordando le procedure previste dal regolamento del M5S e dal contratto firmato dai candidati romani in caso di procedimenti giudiziari. «Grillo deve tutelare l’immagine del Movimento», spiegano «fonti di prima fila» all’Adnkronos. «Se Beppe non dovesse intervenire a breve, gli chiederemo di farlo, ne va del futuro del M5S», dicono. «Altrimenti, se si tira dritto anche stavolta – afferma una deputata romana – questo diventa davvero il “Movimento 5 Raggi”». Come a dire: bisogna evitare che la sindrome romana contagi la struttura nazionale.

«Virginia non dovrebbe riferire solo al Pm su questa storia, ma a tutti noi», riflette il deputato M5S Andrea Colletti. Tace Luigi Di Maio, che più di altri aveva offerto copertura politica a Raggi rimanendo invischiato nelle sue beghe. Quando cala la sera sul Campidoglio, Raggi è ancora a colloquio con i magistrati. Fuori si interrogano sul da farsi. Dalla difficile posizione della sindaca si dipana la matassa dell’amministrazione romana, fatta di informazioni mancate, piccole alleanze traballanti, convenienze e scontri personali. Tutti, fedelissimi e oppositori, si preparano alla consueta (per la sindaca) maratona di vertici più o meno informali e comunicazioni notturne.