Sui rifiuti «abbiamo un piano» «concreto e innovativo». Virginia Raggi, si sa, si spezza ma non si piega. E così, mentre già si prospettano all’orizzonte altre due crisi capitali, quella dei trasporti e quella del debito storico, presa carta e penna la sindaca di Roma scrive al renzianissimo governatore dell’Abruzzo, Luciano D’Alfonso. Ma tutto fa tranne ammettere – come sperava il Pd – che sì, la giunta capitolina pentastellata ha bisogno di una mano per uscire dalla crisi dell’immondizia (senza che l’olezzo le rimanga attaccato addosso fino alle prossime elezioni) ed è costretta a chiederla alle regioni a conduzione dem.

La sua lettera, tanto invocata dalla giunta abruzzese che oggi si riunirà a Pescara per decidere se accettare o meno di rinnovare l’accordo con la Regione Lazio per la gestione dei rifiuti romani, è diventata invece l’occasione per ripetere un lungo elenco di progetti «in via di realizzazione», e per ricordare che «dal 2013 – anno di chiusura della discarica di Malagrotta con il Pd che aveva al governo Letta-Renzi, in Regione Zingaretti e al Comune Marino e si “dimenticò” di pianificare una alternativa – il piano regionale del Lazio non è stato ancora aggiornato».

A fornire poi il «supplemento di informazioni» richiesto da D’Alfonso sarà, scrive la sindaca, l’Ama (la municipalizzata romana), che peraltro ha già esplicitato i dettagli su quantità, tempi e costi del trattamento in «una richiesta pubblica presentata lo scorso ottobre, alla quale nei mesi scorsi hanno risposto numerose aziende in tutta Italia comprese alcune in Abruzzo».

Una risposta che potrebbe bastare a chiudere le polemiche che da giorni impegnano sterilmente i 5 Stelle e il Pd. E invece no, malgrado non si veda alcuna luce in fondo al tunnel di sacchetti. Da ultimo ci si è messo anche il coro di proteste sollevato dal coordinamento dei sindaci del basso Lazio, primo tra tutti quello di Aprilia, che rende quantomeno di difficile applicazione pure la soluzione tampone – trovata nelle ultime ore e sulla quale Raggi puntava molto per «superare le criticità legate al periodo natalizio» – di inviare appunto ad Aprilia una parte di quell’indifferenziata (40 mila tonnellate annue) che Roma non riesce proprio a smaltire.

Eppure c’è un motivo per questa empasse, che non è emergenziale ma strutturale: la mancanza di impianti. Anche se il particolare sembra sfuggire al candidato premier pentastellato Luigi Di Maio che al TgCom ha spacciato per «in costruzione tre impianti: uno di riciclo e due tritovagliatori». Affermazioni subito corrette dai deputati e senatori a 5Stelle delle Commissioni Ambiente che, nello stigmatizzare la «campagna di fandonie e mistificazioni del Pd», in una nota puntualizzano: «Roma sta progettando e predisponendo autorizzazioni, che verranno presentate entro la fine del mese, per due impianti di compostaggio e uno di riciclo».

È la stessa Raggi a spiegare, nella lettera indirizzata al governatore abruzzese D’Alfonso, il core business del piano rifiuti del Campidoglio: «Abbiamo riorganizzato il modello di raccolta differenziata – scrive la sindaca – modificando i calendari e inserendo prima tra le capitali europee un etichetta Rfid sui contenitori che ci permette di registrare i conferimenti di ogni singola utenza. La prima applicazione di questo nuovo modello nel quartiere ebraico ha prodotto già nel primo mese risultati importanti, strade più pulite, buone qualità dei materiali raccolti e l’85% di raccolta differenziata. Lo stesso modello lo stiamo estendendo ai municipi con un serrato cronoprogramma. A fine 2018 saranno 1.200.000 i cittadini serviti dal nuovo porta a porta in questo momento stiamo mappando le utenze dei municipi 10 e 6 per estendere il servizio a 490.000 abitanti nei prossimi tre mesi».

Per la giunta dem del Lazio c’è poco da fidarsi: «Totalmente infondata – ribatte l’assessore ai Rifiuti e Ambiente della Regione, Mauro Buschini – è l’affermazione di Di Maio secondo la quale Roma sta costruendo tre impianti. Probabilmente si riferisce ai tanto decantati impianti di compostaggio, dei quali in Regione non vi è traccia delle richieste di autorizzazione».