Piazza del Popolo è la prima grande piazza del Movimento 5 Stelle senza Beppe Grillo a far da mattatore. Dopo le piazze della rabbia e della speranza che hanno annunciato prima il boom delle elezioni politiche del 2013 e poi la doccia fredda delle europee dell’anno successivo, questa è la piazza dell’orgoglio.

La kermesse di fine campagna elettorale mantiene un format collaudato (interventi brevi e passarella dei candidati) ma con una differenza tutt’altro che sostanziale. Senza il leader-fondatore-garante e soprattutto uomo di spettacolo e vecchia volpe del palcoscenico a fare da collante, è Virginia Raggi a trasmettere la continuità, con brevi interventi. Dopo settimane di comunicazione volta a tranquillizzare l’elettorato, a cercare di trasmettere il senso di un cambiamento «normale», Raggi e gli altri grillini non cambiano registro. Si concedono qualche slogan in più e qualche ammiccamento alla piazza, continuano a presentarsi come l’unica soluzione allo sfascio più che come una scelta alternativa.

Puntualissimi, alle 18.30 (dopo un prologo fuoriprogramma di Dario Fo, che interverrà anche alla fine), salgono sul palco il deputato e frontman Alessandro Di Battista e la candidata sindaco Virginia Raggi. «Nonostante lo sfascio dei bilanci e i debiti colossali, nei comuni che amministriamo abbiamo cominciato a introdurre il reddito di cittadinanza, abolire Equitalia e risanare le tasse» dice il primo, mentre il sole è ancora alto e la piazza non proprio pienissima (sarà dichiarata «piena», anche se con grossi buchi al di là dell’obelisco solo verso le 20). Anche Raggi nel suo primo intervento parla subito di debito. Rivendica la necessità di capire come è composto il passivo delle casse capitoline prima di procedere a pagamenti e ristrutturazioni. «Tutti i romani sindaci di Roma», dice la candidata data in testa dai sondaggi. Ma di sondaggi il popolo della piazza, composto da più generazioni ma con un’età media non proprio bassa, non vuole sentire parlare. Segno che a Roma ci si gioca davvero molto. «Dopo la delusione di due anni fa – dice una signora coi capelli bianchi e la maglietta con scritto “Onestà” – preferiamo non sbilanciarci».

L’attore Claudio Santamaria, fresco del David di Donatello per il romanissimo Lo chiamavano Jeeg Robot canta Nun te reggae più di Rino Gaetano e Raggi loda il coraggio del suo prendere posizione (anche se ha annunciato voto disgiunto: il sindaco del M5S e i Radicali, che con la loro lista sostengono Giachetti, al consiglio comunale). «Il M5S cammina sempre più sulle gambe degli iscritti e del movimento. Grillo non è più il megafono del Movimento, perché non ce n’è più bisogno», azzarda prima dell’evento Luigi Di Maio, che chiuderà la kermesse assieme a Di Battista e a un video-intevento del comico genovese, che cammina sulle acque. Di Maio, a differenza dell’onnipresente Di Battista, non si vede in piazza in mezzo alla gente, applauditissimo. È molto apprezzata anche l’altra deputata romana, Paola Taverna, che padroneggia il palco ostentando il romanesco che l’ha resa celebre: «Il problema ormai non è schivare la buca, è trovare la strada», dice con tempi comici studiati. E poi c’è Roberta Lombardi, la deputata che i retroscena vogliono reduce da duri scontri con Raggi e che in effetti è stata un po’ nell’ombra in questa campagna. Lei addirittura gioca col paradosso di uno degli slogan della sua candidata: «Dicono che ci vuole coraggio a votare per il Movimento 5 Stelle, ma ormai diciamolo: ci vuole coraggio a votare quegli altri!».

Lombardi si presenta col «direttorio romano» cucito attorno a Raggi, per spiegare che si tratta di una forma di lavoro di squadra più che di commissariamento, riferendosi ad uno dei momenti di difficoltà del M5S in questa campagna elettorale, legato alla crisi con Pizzarotti e alle voci sulla mancanza di autonomia dell’eventuale sindaca pentastellata. Assieme a Taverna, gli altri componenti del gruppetto sono il consigliere regionale Gianluca Perilli (che parla di «buongoverno»). E il parlamentare europeo Massimo Castaldo, già collaboratore di Paola Taverna: «In fondo le nostre sono idee semplici, banali». E poi preso dall’entusiasmo scivola nello slogan di un agente immobiliare: «Non vendiamo sogni ma solide realtà».