Dal mio minoritario – per ora – punto di vista il dibattito sulla riapertura delle scuole e le problematiche che si trascina dietro appare decisamente folle. Nel corso di questo lungo periodo di straniamento collettivo abbiamo capito alcune cose, le rimetto un po’ in fila.

Si è capito che il senso di responsabilità del corpo docente e gestionale delle scuole di ogni tipo ha reso, pur nella cronica e dolosa povertà dell’istituzione scolastica italiana, aule corridoi cortili ingressi e uscite dagli istituti uno dei luoghi più sicuri in ambito collettivo. Abbiamo cioè chiaro che i contagi non avvengono all’interno degli edifici ma all’esterno.

Da ciò è derivata un’altra consapevolezza: è il tragitto casa-scuola a fornire le migliori occasioni al virus. Anche qui si tratta di cronica e dolosa mancanza di visione sui trasporti, depressi a favore di quello privato, ben più profittevole ma tossico per la collettività. Abbastanza marginalmente il contagio potrebbe essere favorito dalle chiacchiere prima di entrare e all’uscita.

In sintesi la scuola è un luogo abbastanza Covid esente, arrivarci e andarsene su tram, metropolitana, bus invece no. La marginalità virale degli assembramenti è dovuta soprattutto alla magnifica capacità di reazione e responsabilità che studentesse e studenti hanno dimostrato in questo quasi anno.
Capito che il trasporto pubblico veicola corpi e dunque contagio, il salto logico successivo è una totale follia: la scuola è un pericolo.

Sempre elencando ovvietà e mettendo in fila elementi comprensibili a chiunque, sappiamo che nella massima parte dei casi gli istituti scolastici non sono troppo lontani dalle abitazioni, al massimo qualche chilometro. Tolte le vicinissime elementari – che fino alla mia generazione si raggiungevano fin dalla prima a piedi e da soli – sia medie sia superiori accolgono persone fisicamente e mentalmente in grado di affrontare l’avventura di andare a piedi o in bici a scuola.
Questa semplice constatazione è del tutto assente dalle discussioni su scuola sì-scuola no. Come se senza l’ausilio di un mezzo motorizzato l’umano si senta perso; o peggio, l’ipotesi non viene proprio in testa a nessuno, genitori docenti o amministratori.

Credo che alla base ci sia – ancora una volta – una rimozione e un non voler dire ciò che è sotto gli occhi di tutti: la strada è potenzialmente mortale. Non è sempre stato così e senza scomodare fantomatiche età dell’oro anche ai miei tempi c’erano le macchine. Molte di meno, molto meno grandi, molto meno guidabili e dunque responsabilizzanti il guidatore, un generale rispetto chiaro e sentito verso l’altro da sé, e una tutela maggiore dell’estraneo bambino o ragazzo.
Quale genitore, quale amministratore lo consiglierebbe? Sarebbero crocifissi, e i chiodi se li sono piantati da soli in pochi decenni. Da padre, e da adulto consapevole, lo dico io: ragazzi, andate a scuola in bici. Dà libertà, sfogo fisico, un generale senso di euforia, arrivate ben svegli e non vi dovete accalcare sui mezzi. E’ l’uovo di Colombo e solo un paese con l’anima marcia come il nostro non riesce a vederlo.