Allo scorso Festival di Cannes, dove era nel Certain Regard, il film di Wanuri Kahiu era arrivato col divieto di uscire nel suo Paese, il Kenya, perché «legittimava l’omosessualità». Una colpa gravissima in uno degli stati africani in cui l’omosessualità è illegale, punita con la prigione se non la morte e la comunità Lgbtq è continuamente sotto attacco. Ma Rafiki, molto applaudito sulla Croisette, ha continuato ugualmente la sua strada.

All’origine c’è il racconto della scrittrice ugandese Monica Arac de Nyeko, Jambula Tree, la storia di un amore tenero e impossibile tra due ragazzine, Kena (Samantha Mugatsia) e Ziki (Sheila Munyiva), i cui padri sono schierati su fronti opposti nella campagna elettorale. Kahiu filma la scoperta del reciproco desiderio, l’attrazione, la paura, la tenerezza che si scontrano con la violenza della realtà che le circonda.

Ieri però la giustizia kenyota ha deciso di sospendere il divieto per sette giorni, fino al prossimo 30 settembre, permettendo al film di uscire in sala e di partecipare alle nomination per i prossimi Oscar nella categoria del miglior film straniero – il regolamento dell’Academy prevede infatti che un film per iscriversi deve essere uscito nel proprio paese tra il 1 ottobre 2017 e il 30 settembre 2018 per almeno sette giorni consecutivi in una sala commerciale.

La giudice, Wilfrida Okwany, ha dichiarato che se Wanuri Kahiu avesse perso l’opportunità di iscrivere il film agli Oscar nessun tribunale avrebbe potuto compensarlo. E ha aggiunto: «Il tribunale non deve determinare se l’omosessualità è buona o cattiva, se è morale o immorale, ma deve decidere se un artista o un regista esercitando il diritto alla libertà d’espressione, possono realizzare un film a tematica omosessuale».

«Piango di gioia! Che felicità Sono un areoporto francese! La nostra costituzione è forte! Ringraziate la libertà di espressione, noi l’abbiamo già fatto. Vi daremo presto informazioni sulle proiezioni del film a Nairobi» ha scritto sul suo profilo twitter Wanuri Kahiu.

Pronta anche la replica della commissione di censura che ha espresso «tristezza» perché un film «che glorifica l’omosessualità divenga il canale con cui pubblicizzare il Paese all’estero». Ma, hanno aggiunto, rispetteranno la decisione della giustizia.