«La nostra azione di protezione e assistenza non può indebolirsi ma deve, anzi, rafforzarsi con l’elaborazione di un nuovo corso dell’Unione europea in materia di migrazioni e asilo, nel segno di un più incisivo e condiviso impegno comune»: ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. Le sue parole suonano come una sveglia nei confronti di un governo molto timido nell’invertire la rotta rispetto al Conte Uno, quando la Lega era al Viminale.

I MONUMENTI SIMBOLO di 5 città italiane (la Fontana monumentale di Piazza Moro a Bari, Palazzo Re Enzo a Bologna, Porta San Niccolò a Firenze, Palazzo Marino a Milano e il Maschio Angioino a Napoli) sono stati illuminati di blu ieri notte per invitare la cittadinanza a non voltare lo sguardo davanti a chi ha bisogno di aiuto. «L’impatto della pandemia – ha proseguito Mattarella – aggrava la già critica condizione di quanti, a causa di conflitti o per la violazione di diritti fondamentali, sono costretti a fuggire dal proprio paese».

Ribadendo il sostegno dell’Italia all’Alto commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati, ha poi concluso: «Il fenomeno delle migrazioni conta su un approccio italiano basato su strumenti importanti quali il programma nazionale di reinsediamento e i corridoi umanitari per rifugiati particolarmente vulnerabili, colpiti in misura considerevole dalle restrizioni determinate dall’attuale emergenza sanitaria». I numeri, però, mostrano che l’impegno su questo fronte è ancora troppo basso rispetto alla grandezza del fenomeno.

L’UNHCR HA DIFFUSO I DATI del rapporto annuale Global trends: gli esodi forzati nel 2019 hanno coinvolto più dell’uno per cento della popolazione mondiale (una persona su 97) mentre continua a diminuire il numero di coloro che riescono a fare ritorno a casa. Alla fine dello scorso anno «risultava essere in fuga la cifra senza precedenti di 79,5 milioni di persone», un dato record.

DAL VIMINALE sono arrivati ieri i numeri che riguardano l’Italia: sono quasi 11mila (10.972) le richieste di asilo presentate nel nostro paese dal primo gennaio al 12 giugno 2020. Le principali aree geografiche di provenienza dei richiedenti sono l’Asia (40%), l’Africa (37%), l’America (17%). Da cittadini del Pakistan il numero più altro di pratiche (18%), seguito dalla Nigeria (10%). Il 76% dei richiedenti sono uomini. La maggior parte di loro (62%) ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni, il 13% sono bambini da 0 a 13 anni, il 3% ragazzi dai 14 ai 17. Dal primo gennaio 2020 la Commissione nazionale per il diritto di asilo ha adottato 21.144 decisioni.

DAL 2015 A OGGI, sono stati reinsediati in Italia, attraverso i programmi di ricollocamento internazionali, solo 2.510 rifugiati. Per le annualità 2020-2021 è previsto un contributo aggiuntivo di 700 persone. Il divario tra chi ha necessità di accedere a questa misura e i posti messi a disposizione dai governi resta enorme.

LA RETORICA DI DESTRA descrive i migranti come un costo per la collettività. Addirittura il Fondo monetario internazionale smonta questa narrazione tossica nel report World Economic Outlook: «Si tratta di un’idea sbagliata. Nelle economie avanzate i migranti aumentano la produzione e la produttività sia a breve che a medio termine. Un aumento di 1 punto percentuale nell’afflusso di immigrati, rispetto all’occupazione totale, aumenta il Pil di quasi l’1% entro 5 anni dal loro ingresso». Questo perché i lavoratori autoctoni e immigrati apportano al mercato del lavoro una serie diversificata di competenze, che «si completano a vicenda aumentando la produttività».

I MIGRANTI erano 120 milioni nel 1990, nel 2019 sono saliti a 270 milioni ma la loro quota è rimasta stabile, intorno al 3% degli abitanti totali. A crescere è stata la loro presenza nelle economie avanzate: dal 7% al 12%. Le pressioni migratorie verso l’Europa nei prossimi anni saranno più forti a causa del boom demografico nell’Africa sub-sahariana, dove la popolazione dovrebbe aumentare di 1 miliardo di persone tra il 2020 e il 2050, generando una pressione migratoria extra-regionale di 31 milioni di individui. A questo si somma l’effetto dei cambiamenti climatici.

L’FMI AMMETTE che il fenomeno provoca tensioni: «I lavoratori autoctoni in specifici segmenti potrebbero essere danneggiati» ma si possono utilizzare politiche di sostegno al reddito e di riqualificazione delle competenze per superare il problema. Mentre, sul fronte degli immigrati, politiche orientate all’integrazione «come la formazione linguistica e un più facile riconoscimento dei titoli professionali possono aiutare a ottenere risultati ancora migliori».