«Va posto una volta per tutte un argine alla proliferazione dei rider dell’informazione- afferma Raffaele Lorusso, segretario della Federazione nazionale della stampa Italiana (Fnsi) – Nel mondo del giornalismo ci sono colleghi che si trovano nella stessa condizione dei ciclo-fattorini e lavorano a cottimo e con i contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.). Sta venendo meno la dignità del lavoro e con essa la dignità delle persone. In questo settore ci sono diseguaglianze inaccettabili. E per chi ancora sostiene che questo non è vero lo invito a leggere l’ultimo bilancio dell’ente di previdenza dei giornalisti, l’Inpgi. Questa politica ha messo a rischio la sopravvivenza dell’Istituto. Va rovesciato questo paradigma altrimenti non perderanno solo i giornalisti, ma anche i cittadini e l’opinione pubblica».

La Fnsi ha lanciato il «precariometro» per i giornalisti precari. Di cosa si tratta?
È un’iniziativa della commissione lavoro autonomo della Fnsi (Clan) che punta a censire il fenomeno del precariato nel giornalismo e a darne una rappresentazione corretta attraverso l’esperienza raccontata da chi il precariato lo vive sulla propria pelle. Assistiamo da anni a un cambio di paradigma. Il lavoro subordinato è sempre più sostituito dal lavoro atipico che serve a mascherare il lavoro dipendente . Su questo tema che intendiamo aprire una vertenza con il governo e gli editori.

Nel «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr) ci saranno incentivi all’editoria per una «transizione al digitale». C’è il rischio di un’altra ondata di precarizzazione?
Oggi il precariato non tende a rientrare nel lavoro subordinato. I giornalisti assunti sono sostituiti da colleghi pagati pochissimo. Digitalizzre non significa trasformare il giornalista in un’appendice degli algoritmi che selezionano notizie non verificate. Questa trasformazione va contrattata e vanno inclusi nel giornalismo i lavori dei fact-checker, dei social media manager, dei videomaker, dei gestori dei dati. Su questo vogliamo confrontarsi con gli editori che sono alla vigilia di nuovi processi di ristrutturazione.

Il sottosegretario all’editoria Giuseppe Moles ha parlato di prepensionamenti e nuove assunzioni. È la strada da seguire?
I prepensionamenti sono una misura prevista dalla legge 416 del 1981. Allora servì per affrontare la crisi provocata dal passaggio dal piombo alla fotocomposizione a freddo. Pensare di affrontare la digitalizzazione con una legge di 40 anni fa è il sintomo di un approccio sbagliato. Dal 2009 sono stati stanziati più di 300 milioni di euro per i prepensionamenti. È curioso che dopo tanto tempo ci si voglia ancora ristrutturare con lo stesso sistema. Quando i colleghi escono dalle redazioni i loro posti non scompaiono, sono occupati in minima parte dalle assunzioni. Per il resto si ricorre ai co.co.co. Questo non deve essere più consentito.

Oltre agli editori in che modo è possibile sostenere la nuova occupazione ?
Con i proventi del copyright. È stata recepita la direttiva europea e arriveranno i decreti attuativi. Oltre alle grandi aziende editoriali che fanno gli accordi con le piattaforme come Google, bisogna fare in modo che siano fatti da tutte le altre, anche le più piccole. Così si tutela l’occupazione e il pluralismo dell’informazione. In caso di rifiuto ci deve essere un arbitro: l’Agcom ad esempio.

Come si possono tutelare i giornalisti che si sono occupati delle Ong e sono stati intercettati dalla procura di Trapani?
È importante che dopo la nostra denuncia la ministra della giustizia Marta Cartabia abbia inviato gli ispettori a Trapani. Se ci sarà la possibilità di tutelare i colleghi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo come Fnsi lo faremo. È stato preso a schiaffi l’articolo 21 della Costituzione, è stato danneggiato il lavoro del giornalista che garantisce l’anonimato delle fonti e sono stati intercettati i movimenti dell’avvocata Alessandra Ballerini che, oltre a tutelare la giornalista Nancy Porsia, segue la famiglia la famiglia Regeni. Questo non è degno di uno stato di diritto.