Ore, o giorni, promette il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Dunque Raffaele Cantone, presidente dell’autorità nazionale anticorruzione, conoscerà presto i “superpoteri” di cui sarà dotato per portare a termine una missione che sembra impossibile. Non è questo il momento per esplicitare presunti contrasti con chi l’ha chiamato a rivestire un ruolo salvifico, soprattutto dopo l’ennesimo scandalo che terremota un’altra grande opera.

Il senatore del Pd Massimo Mucchetti sostiene che secondo lei si devono revocare gli appalti assegnati alle aziende inquisite, mentre per Matteo Renzi i lavori devono continuare. Considerando il ruolo che dovrà svolgere, sembrano due priorità in netto contrasto tra loro.

Non penso questo. Deve esserci stato un equivoco nella lettura di alcune mie dichiarazioni, non c’è nessun conflitto con Matteo Renzi. Non credo che a questo punto si possano revocare gli appalti precedentemente assegnati, la mia era solo una valutazione, diciamo così, di carattere morale. Conosco il diritto: so bene che adesso non si possono revocare gli appalti. Però aggiungo una cosa: per il futuro, già esiste la legge Severino che consente di requisire gli appalti assegnati. Non è che sotto il ricatto dell’emergenza possiamo continuare a giustificare ogni tipo di malefatte.

A proposito dell’Expo, oggi qual è il primo “super potere” che vorrebbe avere per portare a termine il suo lavoro?

In questo momento preferisco non affrontare la questione, non voglio intervenire prima di conoscere nei dettagli il contenuto del provvedimento di cui stiamo parlando. Posso solo dire una cosa, per quanto mi riguarda io devo ricoprire un ruolo di controllo e non di gestione dei lavori.

Lei ha detto che lo scandalo del Mose a Venezia è anche peggio di quello che sta succedendo a Milano per l’Expo. In che senso?

Da quello che risulta dalle indagini mi sembra un’affermazione addirittura scontata, il fenomeno corruttivo in questo caso risulta di gran lunga peggiore, basta vedere la rete dei soggetti coinvolti che comprende perfino figure che erano addette ai controlli. Si parla di Guardia di finanza, di una parte consistente dell’imprenditoria, di importanti uomini politici di destra e di sinistra, stiamo parlando di un reticolo mostruosamente ampio.

A commento di questa nuova “mostruosità”, lei sostiene che per vincere la cultura del malaffare si rende necessaria una discontinuità politica e culturale. Vero, ma ormai sono più di venti anni che i discorsi sono sempre gli stessi tanto che non si sa più cosa aggiungere.

In questo paese, dal 1992, non c’è stato uno scatto culturale da parte della società civile e della classe politica. La percezione della corruzione è rimasta la stessa, ancora oggi viene percepita come un reato di poco conto, tanto che una persona accusata di corruzione può ancora fare politica entrando in parlamento. Io credo molto nella riabilitazione del soggetto, ma penso anche che chi ha commesso certi reati magari non si debba più occupare di appalti, non mi sembra chiedere troppo. Bisogna avere il coraggio di fare piazza pulita, questo deve fare la classe politica. Poi bisogna avere il coraggio di dire un’altra cosa: il problema non è solo la politica, c’è una classe dirigente che fa capo all’economia che è compartecipe di questo sistema corruttivo. Non dimentichiamoci che qualcuno ha applaudito quando è stato depenalizzato il falso in bilancio.

Renzi dice che il problema sono i ladri. Ovvio, ma l’abbiamo già letta tempo fa sulla tavola dei dieci comandamenti. Inclinazioni naturali a parte, forse per via solo giudiziaria è impossibile sradicare il malaffare.

Sono d’accordo, la corruzione non è solo un problema di leggi, che già ci sono. Quanto ai ladri, ci sono stati perfino nel paradiso terrestre. Ma almeno dobbiamo lavorare affinché facciano meno danni possibili.

Secondo lei esiste uno specifico italiano o la corruzione è un fenomeno che non conosce confini?

La corruzione esiste ovunque ma l’Italia ha un problema rilevante: la sua capacità di penetrazione. Quando parliamo di opere pubbliche di questa dimensione, come l’Expo o il Mose, non stiamo parlando di ladri di polli. Corruzione è anche cercare in qualche modo di snellire una pratica, ma non è questo il punto: la quantità di denaro è il vero problema.