È la legge più lunga mai vista negli ultimi quindici anni, ma solo perché la ricerca si è fermata alle ultime tre legislature. Il decreto «Rilancio» con i suoi 266 articoli, 1.051 commi e 110.912 parole vanta probabilmente un record assoluto. Da solo vale quatto volte l’intera produzione legislativa di iniziativa parlamentare di tutta questa legislatura. Per esaminarlo, migliorarlo e convertirlo la camera e il senato hanno i soliti sessanta giorni appena, già diventati cinquanta. E devono farlo approvando nel frattempo altri sette decreti legge in scadenza dedicati alla pandemia.

Il comitato per la legislazione della camera ha approvato ieri all’unanimità un articolato parere sul decreto «Rilancio», un testo che proprio per le sue dimensioni mostruose è la summa di tutti i problemi che solleva la legislazione di emergenza. Primo fra tutti l’intreccio di decreti legge, ormai l’unico tipo di legge possibile. Anzi, lo strumento che per la Costituzione va usato solo in casi straordinari di necessità e urgenza (perché entra in vigore immediatamente in attesa del vaglio parlamentare) è diventato la formula più prudente, l’altra essendo quella dei decreti del presidente del Consiglio che non passano né per il Quirinale né per il parlamento. Ma la folla dei decreti legge (già quattordici dall’inizio dello stato di emergenza) è ormai una calca e quello che arriva dopo calpesta quello che c’era prima.

Così, per esempio, il decreto «Rilancio» modifica norme del decreto liquidità che sono ancora in fase di conversione. Oppure cancella articoli del decreto di marzo che però nel frattempo erano stati modificati dalla legge di conversione, per cui le camere hanno lavorato a vuoto e i faticosi accordi politici sono stati inutili. Il paradosso è che il comitato per la legislazione, malgrado certifichi l’avvenuto esproprio del potere legislativo, è costretto a chiedere proprio al parlamento di contenersi. Le camere, cioè, dovrebbero pensarci bene prima di proporre modifiche al decreto «Rilancio», si legge nel parere redatto dal Pd Ceccanti, per «evitare l’introduzione di aggravi procedurali che … potrebbero pregiudicare l’immediata applicazione delle disposizioni del provvedimento». Questo perché il decreto monstre già prevede oltre cento nuovi provvedimenti attuativi. È urgentissimo, ma non è certo immediato. Bisognerà infatti aspettare i decreti ministeriali.

Infine il comitato segnala che tra le pieghe del decreto è prevista una sorta di delega in bianco al ministro dell’economia che è sin da subito autorizzato a rimodulare, dopo opportuno monitoraggio, le risorse destinate alle varie misure previste. Senza bisogno di aspettare la legge di bilancio. Il che suscita, si legge nel parere approvato ieri, «consistenti dubbi con riferimento al sistema delle fonti». Perché un decreto del ministro non dovrebbe poter smentire una legge approvata dal parlamento. a. fab.