«Salvini ai nostri microfoni? Non direi di no, ma non saprei a chi affidare l’intervista: non facciamo politica, anche se abbiamo le nostre idee e sono ben lontane dalle sue». Radio Raheem, infatti, ha una programmazione che va dal jazz alla musica leggera italiana – il 13 marzo è andato in onda uno speciale per i 50 anni dall’uscita del primo disco di Battisti – senza trascurare gli approfondimenti culturali e i momenti leggeri come la rubrica «Spassolini», sull’ironia femminile. La forza di questa emittente indipendente sta nella eterogeneità dei suoi fondatori: «Sei per l’esattezza. Abbiamo cominciato nel 2017 e se ci avessero detto allora dove saremmo arrivati, non ci avremmo creduto – spiega Michele Rho, responsabile dei contenuti non musicali – Veniamo tutti da background diversi: io, per esempio, ho studiato da regista».

A pochi passi dal Naviglio grande di Milano, al civico 3 di via Corsico, la vetrina di un bar ospita la loro postazione radiofonica; uno degli ideatori del progetto è proprietario del locale che fa loro da studio di registrazione. «La postazione dietro a un vetro serve per mantenere il contatto con chi abita nel quartiere». E lo si intuisce dal nome: «Radio Raheem era il personaggio di Fai la cosa giusta di Spike Lee. Andava in giro con uno di quei grossi stereo sulla spalla, era la colonna sonora dell’isolato. Il nostro obiettivo è più o meno lo stesso. Ma senza fare la sua brutta fine», dice ridendo Rho.

È stato il loro legame con il mondo della cultura – stabile la collaborazione con la Triennale di Milano e gli approfondimenti dedicati ai libri – a catapultarli nel programma di Bookpride, fiera meneghina dell’editoria indipendente). Radio Raheem sarà protagonista oggi di un talk il cui focus è «Il desiderio» (ore 19, sala Iris Murdoch – Fabbrica del Vapore), insieme a Chiara Galeazzi, autrice tv e speaker. «Ci ha sorpreso molto l’invito. Lo utilizzeremo per raccontare i nostri sogni, ripercorrendo i due anni di lavoro su questo progetto», spiega Rho.

Proprio lui, che non si occupa di musica, non se la sente di dare per morto il milieu culturale del nostro paese: «Non posso essere pessimista, vedo che le iniziative aumentano, che le piccole librerie resistono e a Milano ne aprono sempre di nuove. È vero, fanno fatica, ma molti le preferiscono alle grandi catene». Ed è qui che ci scontra con il tema dell’indipendenza, della gestione economica e l’intera orbita di oneri e onori che vi gira intorno. Dalla sua fondazione, Radio Raheem riesce a reggersi sulle proprie gambe: «Noi diamo agli artisti un posto per raccontare la loro visione della musica attraverso i dischi e loro ci offrono i contenuti.  Quello che ci interessa è mantenere alta l’asticella della qualità come abbiamo fatto fino ad ora. E ci siamo potuti permettere alcune scelte perché non avevamo padroni da assecondare: è il bello dell’indipendenza», aggiunge. Anche sul target dell’età, che oscilla tra i 18 e i 35 anni, il team è al lavoro: «L’inserimento di contenuti parlati serve proprio ad ampliare la forbice anagrafica, oltre a garantire una flessibilità nella fruizione attraverso i podcast». I progetti sono chiari. La sfida è tutt’altro che semplice: le radio indipendenti in Italia non godono di fondi statali. «Nella sfortuna di essere in questo paese, è una fortuna essere a Milano: non so se Radio Raheem sarebbe potuta esistere in un’altra città».