Dispiace non poter contare nell’attuale dibattito sull’ergastolo ostativo della voce di Salvatore Ricciardi (Roma, 1940-2020), scomparso esattamente un anno fa, il 9 aprile, dopo essersi dedicato nell’ultimo ventennio di vita a dar voce al tema del carcere in Italia con libri e trasmissioni radiofoniche dai microfoni di Onda Rossa di Roma.

La morte di Ricciardi, avvenuta in pieno lockdown del 2020, quando erano vietati funerali e assembramenti di qualsiasi tipo, fu l’occasione della prima manifestazione pubblica sciolta dalle forze dell’ordine in applicazione delle restrizioni Covid. Fu organizzata una breve sosta nel quartiere di San Lorenzo del carro funebre proveniente dal vicino Policlinico Umberto I, dove Ricciardi era deceduto, per dare l’ultimo saluto a Salvo, così lo chiamavano i suoi compagni e compagne, sotto la radio che lo aveva avuto tra i redattori negli ultimi anni, per le strade del quartiere che aveva frequentato dagli anni ’60 con la militanza nel sindacato dei ferrovieri, poi l’esperienza nel Psiup e l’uscita “da sinistra” con la nascita dei primi comitati per l’Autonomia Operaia che aprirono le loro sedi proprio in via dei Volsci.

Condannato egli stesso all’ergastolo per aver fatto parte delle Brigate Rosse, attorno alla figura di Ricciardi da metà degli anni ’90 si mobilitarono collettivi dei centri sociali e realtà antagoniste di Roma, insieme a Radio Onda Rossa, per sostenerne la scarcerazione per motivi di salute, dopo che il Tribunale di sorveglianza ne aveva chiesto, ottenendolo infine nel 1998, il rientro in carcere dopo un intervento chirurgico al cuore.

L’incontro tra Ricciardi, Radio Onda Rossa e i centri sociali capitolini, andò poi oltre la vicenda della scarcerazione e del tema dell’incompatibilità tra detenzione e malattia e sanità penitenziaria, dando il via a una vivace serie di iniziative sul carcere nel suo complesso, nell’ottica della sua abolizione che hanno scandito quest’ultimo ventennio a Roma: come gli appuntamenti fissi sotto le mura del carcere di Rebibbia la mattina del 31 dicembre, e l’agenda Scarceranda autoprodotta da Radio Onda Rossa e fatta arrivare ai prigionieri e prigioniere di tutte le carceri italiane. Ricciardi era stato tra coloro che avevano fatto nascere queste iniziative, al pari di tante altre sul carcere sviluppatesi negli anni, e che ha continuato instancabilmente a portare avanti fino alla sua morte.

Il superamento dell’ergastolo ostativo persegue un obiettivo di maggiori garanzie delle libertà delle persone ed è una questione di civiltà giuridica. L’ostatività nella concessione dei benefici di legge alle persone condannate all’ergastolo è frutto dei provvedimenti emergenziali di inizio anni ’90, era l’epoca delle stragi mafiose, e l’introduzione e inasprimento degli articoli 4bis e 41bis dell’ordinamento penitenziario. L’eccezionalità di simili provvedimenti seppe integrarsi con le stagioni emergenziali che hanno caratterizzato la storia italiana prima e dopo la loro introduzione, divenendo infine parti integranti e stabili dell’ordinamento ordinario. Negli anni, anziché restringersi e limitarsi, il loro campo di applicazione si è andato estendendo, fino a comprendere voci di reato ben al di là degli ambiti eversivi per i quali furono introdotti.

La critica abolizionista del carcere di cui Salvatore Ricciardi è stata una delle migliori voci nell’Italia degli ultimi decenni individua nell’ergastolo, nel “carcere duro” del 41 bis, nella fattispecie dell’ostatività, non tanto e non solo delle escrescenze peggiorative del sistema penale e penitenziario, delle loro aberrazioni, quanto piuttosto le loro punte di diamante, i loro fondamenti ideologici e, vien da dire “mitici” a fondamento e giustificazione dell’intero apparato. L’eliminazione del colpevole dal consesso sociale, la sua relegazione dietro le mura di un carcere per sempre, senza possibilità di uscita se non nel pentimento e collaborazione, qualora utili ai fini processuali, richiamano molto da vicino una pena di morte differita nel tempo. Simile trattamento riservato al mostro, all’irriducibile, all’irrecuperabile corrispondono al detto “sbattere in cella e buttare la chiave” che sta alla base di una larga fetta di consenso attorno al sistema carcerario.

Poco importa se poi, all’atto pratico, nelle patrie galere vi stiano decine di migliaia di persone per reati minori, per la gran parte in condizioni socio-economiche svantaggiate, le classi povere ed emarginate della società. La giustificazione dell’istituzione carceraria trova linfa proprio dall’idea di punire l’archetipo criminale, la quintessenza del male, l’elemento da annientare e allontanare permanentemente per il bene della società.

Secondo l’analisi abolizionista oggetto di critica del sistema penitenziario devono essere in primis tali istituti che sanno tenere in piedi nell’opinione comune l’idea della necessità del carcere, permeando, come si è visto nel caso del 4 bis e simili, l’intero sistema, diffondendosi nell’applicazione e tramandando nel tempo le pratiche emergenziali punitive.

Di simili argomentazioni Salvatore Ricciardi è stato instancabile sostenitore nel corso degli anni. Oggi manca la sua intelligenza e forza nel portarle avanti, come manca la sua figura di ribelle di lungo lustro a tutte e tutti coloro che lo hanno conosciuto, letto, ascoltato.

Se in occasione della sua morte fu strozzata la possibilità di dargli addio, oggi, a un anno di distanza Radio Onda Rossa organizza un’iniziativa in suo nome. Ciao Salvo! venerdì 9 Aprile 2021, in ricordo di Salvatore Ricciardi a un anno dalla scomparsa: dalle 17:00 presenza in strada con diretta radiofonica da via dei Volsci, sotto la sede di Radio Onda Rossa, davanti al civico 56, con mascherina e distanza senza perdere il contatto umano.

*Radio Onda Rossa