Suez raddoppia. La mediazione egiziana per il cessate il fuoco, sorda alle richieste di Hamas, ha fruttato il disco verde dell’esercito israeliano al Cairo per la realizzazione della controversa opera pubblica, già voluta dagli ex presidenti Hosni Mubarak e Mohammed Morsi, ma mai realizzata. L’annuncio è arrivato proprio mentre fervono i colloqui indiretti al Cairo con i rappresentanti di Hamas e la mediazione egiziana sembra aver trovato nuova linfa dopo l’impasse dei giorni scorsi.

Il raddoppio del canale di Suez è stato annunciato ieri ad Ismailia, alle porte della penisola del Sinai, dall’ufficiale Mohab Mamish. Il secondo canale sarà lungo 72 chilometri, parallelo al Canale attuale, nazionalizzato dall’ex presidente Gamal Abdel Nasser, il 26 luglio 1956. Secondo le autorità egiziane, il nuovo progetto sarà dato in appalto ad imprese gestite dall’esercito e permetterà la creazione di «un milione di posti di lavoro». Il progetto costerà 12 miliardi di dollari. L’ex generale Abdel Fattah al-Sisi ha assicurato che l’esercito «supervisionerà» i lavori dell’imponente opera pubblica che dovrebbe essere realizzata «entro un anno». Non solo, secondo la stampa locale, Sisi si recherà nei prossimi giorni a Mosca, per firmare una serie di accordi economici e strategici. Il presidente egiziano era volato nell’inverno scorso dal suo omologo, Vladimir Putin, per suggellare il nuovo asse tra Cairo e Mosca, dopo il colpo di stato militare del 3 luglio 2013, sulle orme del suo predecessore, Gamal Abdel Nasser, leader al quale l’uomo forte del nuovo Egitto dice di ispirarsi.

Il canale di Suez ha una funzione centrale per i commerci marittimi in Africa e nel Mar rosso. Inaugurato nel 1869, dopo i lavori di allargamento del 2010, il canale è lungo 193 chilometri. Suez è una delle maggiori fonti di valuta straniera per l’Egitto: nel 2013, il Canale ha registrato i più alti incassi della sua storia raccogliendo oltre 5,3 miliardi di dollari. L’Egitto è poi il secondo produttore di gas in Africa: questo grazie alla gestione del Canale di Suez e della Suez-Med Pipeline. Dopo gli attacchi jihadisti ai gasdotti nel Sinai e lo stop all’esportazione di gas verso Israele e Giordania (2012), le imprese energetiche Usa (Noble) e l’israeliana Delek si sono impegnate a rimettere in moto il mercato energetico egiziano, riattivando la produzione dei gasdotti, fermi o a basso regime dalle rivolte del 2011.

La strategia egiziana nel conflitto a Gaza sembra così aver cambiato rotta. «Non si tratta più di una mediazione. Sisi ora parla con Hamas. Il movimento palestinese gli sta consegnando una lista di richieste problematiche ma inderogabili che Sisi a sua volta consegnerà ad Israele», ha assicurato in un’intervista al manifesto il grande storico dell’Università di Los Angeles (California), James Gelvin. «Gli egiziani vogliono negoziare la questione cruciale della riapertura del valico di Rafah (che finora è rimasto quasi sempre chiuso, nonostante le violenze, ndr) direttamente con i palestinesi. In altre parole l’esercito vuole stralciare la questione Rafah dai negoziati per il cessate il fuoco», ci ha spiegato Gelvin.

«A questo punto l’Egitto ha ottenuto tutto, inclusa l’umiliazione di Hamas, che è sempre stato lo stesso obiettivo di Netanyahu, insieme alla distruzione dei tunnel tra Gaza e Israele. Per questo il Cairo è in una posizione diplomatica migliore di qualche settimana fa», ha aggiunto il docente. «In caso di cessate il fuoco duraturo, Hamas potrà dire di aver costretto l’esercito israeliano al ritiro. E così la logica, che va avanti sin dalle operazioni israeliane del 2006, ‘umiliazione del movimento e successiva ricostruzione del suo arsenale’ potrà ripetersi ancora nei prossimi anni», ha ammesso Gelvin. I colloqui indiretti in corso al Cairo dimostrano il fallimento della mediazione internazionale. «La mediazione di Stati uniti e Unione europea è stata disastrosa. Il Segretario di Stato John Kerry ha incontrato turchi e qatarini solo per parlare indirettamente con Hamas, non perché ci sia mai stata una proposta reale di tregua proveniente da questi due paesi», ha aggiunto Gelvin.