Ricercato dall’Interpol, l’avvocato algerino Rachid Mesli è stato arrestato dalla polizia italiana al traforo del Gran San Bernardo, in Valle d’Aosta. Terrorista per il suo Paese d’origine è, invece, un attivista per i diritti umani dei popoli arabi. Su di lui pende un mandato di cattura internazionale emesso dalle autorità di Algeri. Nel 1996 Mesli fu incarcerato per tre anni con l’accusa di aver «supportato il terrorismo» e nel 2000 è fuggito con la moglie e i tre figli, ottenendo asilo politico in Svizzera. Vive, infatti, a Ginevra, dove oltre che membro della sezione elvetica di Amnesty International, che si è subito mossa per la sua scarcerazione, nel 2004 è stato tra i co-fondatori di Alkarama, che combatte le violazione dei diritti umani nel mondo arabo.

In Valle d’Aosta Mesli avrebbe dovuto trascorrere un periodo di vacanza con moglie e figlio quattordicenne. Il suo arresto risale al primo pomeriggio di mercoledì 19 agosto. La polizia di frontiera, a seguito di un normale controllo dei documenti ha dato esecuzione al mandato d’arresto Interpol. L’attivista è detenuto nella casa circondariale di Brissogne, ad Aosta. Ora toccherà alla Corte d’Appello di Torino pronunciarsi sulla richiesta di estradizione. Deve decidere se liberarlo o disporre una misura cautelare nell’attesa di una eventuale estradizione. Come avvocato Mesli ha difeso in Algeria i capi storici del Fronte islamico di salvezza. Il mandato di cattura internazionale riguarda una condanna del 6 aprile del 2002 a 20 anni di prigione per «appartenenza a un gruppo terroristico». Sarebbe ritenuto colpevole di essere stato in contatto con «terroristi in Algeria» e di aver fatto parte di un «gruppo terroristico che operava al di fuori» del Paese nordafricano. «Le accuse contro Rachid sono ridicole», dichiara Mourad Dhina, direttore esecutivo di Alkarama. «Rachid Mesli è un difensore dei diritti umani, rifugiato politico in Svizzera e cittadino con passaporto francese. Abbiamo fiducia che la Corte d’Appello di Torino valuterà con estrema attenzione la situazione», ha concluso Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.