Primo album per Rachele Bastreghi – Psychdonna (WarnerMusic), ma non esordio assoluto da solista visto che già nel 2015 la musicista e cantante toscana licenziò l’ep Marie che la proiettò, per la prima volta, lontano dai Baustelle. Raggiunta telefonicamente non nasconde le sue debolezze: «Sono sempre piena di paure e in stato di perenne di crisi. Mi accadeva da bambina, da adolescente ed anche ora. Mi piace che si apprezzi ancora adesso Marie. È un disco che ha molto a che fare con i Baustelle e sarebbe importante scoprire quanto di ognuno di noi dà al gruppo e viceversa. Anche se poi mi è servito per organizzare intorno a quei brani un tour e affrontare il palco da sola. Con i Baustelle si è più come dire nascosti, protetti».

PERÒ ORA È IL MOMENTO di Psychodonna, lavoro sorprendente dove non vi è traccia che non esplori ogni aspetto del privato e quotidiano, filtrata attraverso una profonda conoscenza della poesia al femminile contemporanea, di una delle artiste più innovative d’oggi. «Componendo le canzoni di questo disco, ho avvertito l’urgenza di uscire da questa confort zone che ognuno di noi si crea intorno, innanzitutto smettendo di avere paura e di cominciare a vedermi non più allo specchio, ma avendo consapevolezza che avevo da dire e molto, anche di sbagliare. Così in un momento di pausa di lavoro dai Baustelle ho cominciato a scrivere e come dico a filare e sfilare di giorno e di notte i brani finiti in Psychodonna».

ALL’ASCOLTO FILI AMICALI, Colapesce, Meg, Marco Carusino, si annodano in relazioni intellettuali e riferimenti letterari, tanto che, in quel «dramma in discoteca» (Bastreghi rimarca questa felice definizione del suo lavoro), pare squadernarsi un’idea di teatro punzonata peraltro dalla presenza di attrici sperimentali come Silvia Calderoni (protagonista di performance con il Teatro Valdoca e i Motus tra gli altri) e da Chiara Mastroianni. «Mi considero una teatrante mancata e intendo il teatro come terapia. So che il dramma fa parte di me, ma so pure di avere una certa leggerezza e talvolta mi lascio andare nelle pieghe di ogni sfumatura che mi allontani dalla paura, dai continui sensi di colpa, dall’incessante autocritica e mi scopro a ballare, cosa che mi piace molto e in Silvia, siamo amiche da anni, trovo un mio alter – ego molto fisico». Tutto questo si avverte nella bulimia di influenze musicali stratificate nei raffinatissimi arrangiamenti: «Mi sento molto musicista e arrangiatrice, mi piacerebbe scrivere una canzone solo per piano e voce, chissà quando avverrà, poi sono pignola e sono capace di disfare 60 tracce perché voglio ascoltare in quel punto un violino, quel tipo di tastiere con quel suono, la voce distorta».