Oggi alle 11, nell’ambito di «Vita Nova», l’edizione invernale del Salone del Libro di Torino, si potrà assistere a due eventi congiunti: collegandosi al sito salonelibro.it, sulla pagina facebook e sul canale youtube della manifestazione, si accederà alla presentazione dell’antologia Lingua Madre Duemilaventi. Racconti di donne straniere in Italia (Edizioni Seb27, pp. 304, euro 15) del Concorso letterario Lingua Madre, giunto alla sua quindicesima edizione e che anche quest’anno restituisce gli esiti di un lavoro serio e appassionato.

Come spiega nella introduzione al volume Daniela Finocchi, ideatrice del Concorso, «i racconti narrano di donne figlie di una lingua che le ha messe al mondo, e che sono diventate adulte, talvolta madri, in una lingua altra che le mette alla prova, quotidianamente. Ed è proprio in questa lingua altra che decidono di raccontarsi e di scoprirsi». È un procedere nelle pieghe di numerosi immaginari che saltano piani temporali, confini geografici, nodi di un presente che, nelle esperienze delle donne, si complicano di eventualità impreviste: sono i punti dolenti in cui si contratta la propria libertà o si pretende la radiografia di una liberazione ancora a venire eppure possibile.

È SOPRATTUTTO UN VIAGGIO intorno al mondo, ancora più prezioso in un momento storico come quello attuale in cui il potere della parola riesce a travalicare le strettoie causate dalla condizione sanitaria e aiuta a pensare altrimenti; a immedesimarsi o a osservare personagge e vite che suggeriscono quante siano state le lotte per l’autonomia, quanto delicata possa essere l’evocazione di un ricordo e quanta strada si possa fare affidandosi alla scrittura come processo relazionale.

Leggendo l’antologia passiamo allora dal Perù con Yennifer Lilibel Aliaga Chávez e arriviamo nel passo doppio, tra Turchia e Italia, di Berivan Görmez e Alessandra Nucci. Interessante come scambio e contaminazione tra donne di origini diverse proseguano, là dove il confronto è palpabile come per Tahmina Akter (Bangladesh) e Alice Franceschini (Italia). Conosciamo le voci di Amparo (nel racconto di Silvia Favaretto), simile a «una» Sisifo contemporanea ha dovuto spostare il suo fardello per anni fino a quando le capita di poterne dividere la fatica con un’altra persona capace di accorgersi; sentiamo il sapore dei rumeni sarmale pronunciati come rito della riconciliazione infantile da Corina Ardelean; avvertiamo la paura della giovane bielorussa Tanya, nel testo di Narcissa V.Ewans alias Karolina Andzela Najda (Polonia).

OGNI RACCONTO è un incontro, spostamento, fisico e simbolico, a causa del lavoro fino alla conquista di uno spazio per sé in contrasto alla violenza intorno; sono infine cronache trasformative prossime e sensibili, di smarrimento – come nel caso di Maria Felicita Castillo Castillo che dall’Ecuador arriva a Torino – capaci di mutare di segno nell’aver trovato in altre donne «l’anima di un pezzo di terra in cui seminare le mie speranze». E siccome la lingua è anche quella degli occhi, del saper vedere, inserita nell’antologia vi è una foto della franco-algerina Nadia Kibout.
Lingua Madre Duemilaventi è un’ulteriore conferma di tessitura letteraria. E in questo tempo così asfittico, la parola narrativa è scommessa politica che sgorga di rinnovato e grato ascolto.