La drammatica gestione della pandemia da Covid-19 in Lombardia, ha fatto emergere limiti e insufficenze di una modello sanitario lombardo che nella pluridecennale retorica di una destra ininterrottamente al governo della Regione veniva indicato come una eccellenza nazionale. I dati epidemiologici sono invece a testimoniare di una realtà assolutamente diversa, sulla quale, a pandemia risolta, si dovrà riflettere per introdurre i necessari cambiamenti di sistema.

La Lombardia è il territorio con il più alto numero di persone contagiate, ricoverate e decedute, a parità di popolazione, di tutto il mondo. E questo nonostante lo straordinario impegno e sacrificio di tutto il personale sanitario e socio assistenziale, anche a costo della propria vita.

Questa situazione richiede di capirne le cause ed i motivi, con l’obbiettivo oggi di salvare più vite umane possibili e domani per avere un sistema sanitario regionale capace di rispondere in modo più adeguato ad una emergenza simile a quella che stiamo attraversando. Significative a questo riguardo sono le durissime prese di posizione contro la Regione, sia di molti medici e sia di tanti sindaci.

I problemi vengono da lontano ed è utile richiamarli ora a futura memoria per il necessario intervento politico a livello regionale come nazionale. Proviamo ad elencarne i principali:

Il taglio dei finanziamenti, dei posti letto e del personale sanitario, nelle strutture pubbliche avvenuto con poche eccezioni negli ultimi 20 anni; l’ingente trasferimento di risorse, dal pubblico verso le strutture sanitarie private accreditate nella Regione; l’assenza di un Piano regionale antipandemia, capace di affrontare in modo efficace l’attuale emergenza; l’assenza di un tempestivo ed efficace coordinamento tra le strutture pubbliche e private per la gestione della risposta sanitaria; la mancanza di un adeguato coordinamento e della messa in rete dei medici di base, come primo momento fondamentale della presa di contatto con i cittadini e con gli ammalati; la pressoché totale assenza di una sanità territoriale, capace con le proprie strutture di evitare, da un lato, l’eccesso di ospedalizzazione e dall’altro di lasciare al loro destino migliaia di persone rinchiuse nelle case; la mancanza di un piano per la messa in sicurezza dei soggetti più esposti al contagio (personale sanitario e socioassistenziale) e dei soggetti più fragili (malati gravi con altre patologie ed anziani ricoverati); la mancanza di un tempestivo monitoraggio epidemiologico sulla popolazione della Lombardia.

Evidenti le responsabilità politiche di chi ha governato e governa, ininterrottamente da più di vent’anni la Regione. Della destra che negli anni ha costruito, pezzo per pezzo, l’attuale sistema sanitario lombardo. Possiamo dire che alla prova più importante hanno fallito, con dei costi sociali difficilmente sostenibili.

Serve quindi un urgente cambio di rotta, a partire da un rinnovato ruolo che lo Stato deve potere avere sia nell’organizzazione dell’offerta sanitaria, su tutto il territorio nazionale, potenziando quella pubblica e sia nella gestione unica, centralizzata, di una crisi e di una emergenza come quella che stiamo vivendo. Così come serve un maggiore protagonismo e ruolo da parte dei Sindaci e degli Enti Locali. Per questo bisogna accantonare ogni ipotesi di Autonomia differenziata e anzi rivedere il Titolo V della nostra costituzione per meglio precisare i compiti dello Stato e degli Enti Locali.

Non possiamo perdere tempo. Anche per questo, come tavolo dei partiti di sinistra e delle associazioni, e tra questi Sinistra italiana, denominato Milano 2030 abbiamo lanciato una raccolta firme online, che sta avendo un enorme successo, per chiedere l’immediato commissariamento da parte del Governo nella gestione della sanità in Lombardia. Per evitare, che ancora una volta, passata la crisi, “debba cambiare tutto perché nulla cambi” come ammoniva Tomasi di Lampedusa nel suo Gattopardo.

*Coordinamento nazionale Sinistra Italiana