Due personaggi protagonisti, Antonio e Paolo, due fratelli che sono soprattutto due emozioni: la paura e la rabbia. Gli affamati (Ponte alle Grazie, pp. 170, euro 14), esordio notevolissimo di Mattia Insolia, racconta di come queste emozioni possano agire attraverso i corpi di un ragazzo di diciannove anni e di un altro di ventidue. L’approccio narrativo ci riporta al naturalismo, all’idea di poter scoprire attraverso la letteratura le ragioni per le quali gli esseri umani, posti in una determinata condizione sociale, agiscono, con quali conseguenze.

ANTONIO E PAOLO sono i figli di un uomo alcolista e violento che ha pestato loro e la loro madre finché ha potuto. Poi Giovanna se ne è andata, lasciando i ragazzini insieme a lui, fino a che non è morto e i due sono rimasti soli. Le lettrici e i lettori li incontrano quando hanno già la loro routine, rigida nei ruoli che i fratelli devono interpretare: Paolo lavora come muratore, porta i soldi a casa, allora è giusto che sia Antonio a preparargli la colazione, a dover fare i piatti, la spesa, occuparsi della casa. Il tempo che Paolo passa nella ditta di costruzioni per cui lavora, Antonio lo trascorre per lo più a letto o col suo amico Italo: fumano, si raccontano, a volte ridono. Gli amici di Paolo, invece, Carlo e Nicola sono i tipici personaggi secondari: gli obbediscono. La rabbia di Paolo, assurta a daimon, guida le loro scorribande, è lei che decide come e quando compiere azioni distruttive. Il ragazzo la utilizza per veicolare qualsiasi altro sentimento o emozione che prova, come una stufa piena di legna che aspetta solo di accendersi e di bruciare. Tutto, tranne Antonio.

LA RELAZIONE che esiste fra i due fratelli è la struttura dell’intero romanzo, sostiene l’interesse della lettura che si nutre sicuramente anche del timore che a un certo punto quei due possano smettere di amarsi, o meglio possano sbagliare talmente tanto da farsi troppo male reciprocamente: «tutte le volte che litigava con Paolo aveva la sensazione che nell’universo ci fosse qualcosa di fuori posto». Tra rabbia e paura, però, condividendo la stessa origine, è difficile stabilire quale delle due porti con sé maggiore aggressività, quale dei due fratelli sia in fondo più forte dell’altro. Antonio cede, non agisce perché ha paura, sempre, perché Paolo con le sue reazioni impulsive, di rottura, lo costringe nel silenzio e nella mestizia. La forza di Paolo però dura come il tempo di un fuoco, non è stabile: «era capace di aggiungere solo caos al caos nella speranza che la confusione li salvaguardasse». Il romanzo è ambientato in un sud non definito, in un paese molto piccolo in cui pare impossibile stringere legami affidabili e neanche c’è quell’anonimato che la città garantisce, permettendo a chi ci vive di non dover aderire per forza solo al proprio passato e alle proprie origini familiari.

A PARTIRE da tale contesto materiale, osservando i suoi protagonisti condannati da un destino che non concederà mai loro il gusto della meraviglia, Insolia costruisce una storia compiuta, solidamente strutturata. Gli è possibile perché Antonio e Paolo sono due personaggi letterari, per questo hanno autonomia e dei confini ben definiti: chi legge può vederli, senza essere sopraffatto o ingannato dalle emozioni dei due. Così Insolia trasforma la rabbia e la paura de Gli affamati in un sentimento che non costringe a uno stato di prostrazione, ma fa male, perché è inevitabile.