Il prefetto Mario Morcone è il direttore del Dipartimento Immigrazione del Viminale, l’uomo dal quale dipende il sistema di accoglienza dei migranti in Italia.

Prefetto Morcone, il piano quote stabilito dalla commissione Juncker è durato poco e se va bene se ne riparlerà a settembre. Ancora una volta l’Europa ci volta le spalle.
Io non sarei sicuro di questo. Credo che siamo in una fase di negoziazione nella quale ovviamente si registrano tante frenate da parte dei Paesi ostili a questo tipo di accordo perché il punto di fondo dell’agenda europea è il passaggio dalla volontarietà dell’accettazione delle quote all’obbligatorietà. A mio avviso non è ancora chiaro come finirà. Per altro dobbiamo aspettare il vertice del 16 con i ministri degli Interni e soprattutto il Consiglio dei capi di Stato e di governo. Purtroppo l’attuale presidenza lettone è molto fredda rispetto a questi temi e ci potrebbe essere il tentativo di far slittare tutto alla presidenza lussemburghese che entra il primo luglio. Starei a vedere cosa succede, perché ricordo che la stessa cancelliera Merkel si era molto spinta rispetto a un sostegno all’agenda europea e lo stesso i paesi scandinavi. Più chiusure caso mai le abbiamo registrate da Paesi tradizionalmente amici e mediterranei come Francia e Spagna.

Nel frattempo in Libia le cose vanno sempre peggio. Tanto più adesso che il governo di Tobruk ha rifiutato il piano di pace dell’Onu.
Questo è il vero problema. Non si può continuare così anche solo per la povera gente che si trova in Libia. E’ chiaro che una qualche via di uscita bisognerà trovarla. Il delegato dell’Onu sembra ormai essere su un binario morto anche a seguito della posizione assunta da Tobruk. Però una soluzione diversa, di natura muscolare come da qualche parte viene invocata, a parte tutti gli aspetti internazionali, delibera delle Nazioni unite, decisione del Consiglio europeo, presuppone una determinazione molto rischiosa, perché quello è un contesto nel quale davvero ci si muove con grande difficoltà non sapendo chi è l’interlocutore, chi è il nemico, chi sostenere o con chi avviare un dialogo.
Si accavallano cifre su cifre su quante sarebbero le persone in Libia pronte ad attraversare il Mediterraneo. Qual è la verità?
Diciamo che sicuramente ci sono tra le 500 mila e le 800 mila persone che potrebbero venire. Dico potrebbero, perché non sappiamo nemmeno se sono in condizioni di farlo, perché ci vogliono i soldi, le barche e occorre intercettare l’organizzazione che prepara il viaggio. Io non darei per scontato il loro arrivo. Noi abbiamo invece immaginato, su una base prudente ma attenta alla curva dei flussi, che quet’anno rischiamo di avere circa 200 mila sbarchi.

Ma se si sa che arriveranno 200 mila persone, perché non si pensa a un piano di accoglienza più ampio anziché cercare di volta in volta i posti letto?
L’abbiamo pensato, sempre proporzionato e disegnato sulla base delle percentuali della conferenza Stato-Regioni del 2014. Il problema è che siccome ci siamo sempre affidati sulla concertazione con le Regioni, questa concertazione diventa sempre più difficile. Insomma alla fine 100/110 mila persone, che sarebbe il numero immaginato, le possiamo accogliere. Adesso siamo a circa 90 mila, possiamo fare di più. Il problema è avere la disponibilità dei sindaci e soprattutto avere dei sindaci se non incoraggiati almeno non scoraggiati dai livelli di governo regionali.

Avete già individuato le aree in cui sorgeranno gli hub regionali?
In alcune regioni gli hub sono solo il semplice cambiamento di nome di centri già esistenti, nel senso che il centro di Crotone, per esempio, diventerà l’hub della Calabria, il centro di Foggia quello della Puglia. A questi si aggiungeranno poi nuove strutture come la caserma di Civitavecchia nel Lazio, mentre in Piemonte Regione e comune di Torino hanno deciso di trasformare in hub il centro di Settimo Torinese. A Bologna sarà invece l’ex Cie a essere trasformato in hub.

Continuano i trasferimenti di migranti verso le regioni del nord?
Sì, noi abbiamo il dovere di accogliere civilmente sul suolo della Repubblica italiana le persone che sbarcano.

L’ultima domanda non posso non fargliela su Mafia capitale L’accusano di aver difeso il Cara di Mineo.
Questo è ingiusto. Io non ho difeso affatto il centro di Mineo, la gara o il bando. Io ho detto una cosa che adesso ha avuto un riscontro concreto e che nessuno può smentire. Ho detto che le carte che il presidente dell’Anticorruzione Cantone ha mandato a febbraio facevano capire, e l’abbiamo capito tutti, che c’erano opacità nell’appalto fatto dal consorzio Calatino, ma che non c’erano ancora gli elementi concreti per arrivare a provvedimenti molto più forti quali il commissariamento o la rescissione del contratto. E in effetti ho avuto ragione, perché Cantone per chiedere il commissariamento ha aspettato la fine del mese di maggio, quando sono uscite le carte della seconda inchiesta.