Da ieri mattina i lavoratori che pensano di poter usufruire di Quota 100 possono fare domanda sul sito dell’Inps in una sezione apposita. Per farlo però dovranno già possedere però il Pin Inps o lo Spid, sigle astruse per i pensionandi meno avvezzi con le tecnologie che dovranno cimentarsi con una lunga trafila burocratica per ottenerli.
Il «messaggio 395» firmato dal direttore generale Gabriella Di Michele segue la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale, nonostante siano ancora tanti i punti interrogativi che ben 8 decreti attuativi dovranno chiarire.
Se in serata erano 800 le domande presentate di cui 470 da cittadini e 370 da patronati, si vedrà se la «fuga dal lavoro» dei 355mila che secondo il governo (o 475 mila secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio) hanno potenzialmente i requisiti richiesti – 62 anni di età e 38 di contributi – sarà reale o limitata dai tagli impliciti dovuti ai minori contributi.
Senza dimenticare che anche per l’Ape sociale due anni fa le domande non accolte per i paletti troppo stretti sui requisiti furono oltre il 30 per cento.
Nelle stanze dell’Inps la preoccupazione è molto alta. Tra i lavoratori l’idea di dover gestire una operazione tanto complessa con 4mila colleghi (su 26mila) che potrebbero lasciare proprio per Quota 100 viene vissuto come un dramma visto che le assunzioni per concorso promesse arriveranno – se va bene – a fine anno.
Ai piani alti invece si attende il cambio della guardia previsto dallo stesso decreto. Il ritorno del consiglio di amministrazione di 4 membri ad affiancare il presidente è propedeutico alla scadenza di Tito Boeri, prevista per il 15 febbraio. Difficile immaginare un blitz del governo prima di quella data, mentre sul nuovo commissario-presidente il nome caldo è quello di Pasquale Tridico: vero mentore del cosiddetto Reddito di cittadinanza.
Nella versione definitiva del decreto è stato tolto il rimando alle «capacità riconosciute» in fatto di pensioni richieste al presidente: Tridico è ben poco esperto di previdenza e la cancellazione è un indizio della sua possibile nomina all’interno della spartizione di poltrone tra M5s e Lega.
Se il decreto reca in calce le firme di tanti ministri – Di Maio, Tria, Bongiorno e Bonafede – ieri a festeggiare la sua pubblicazione e a parlare di «data storica per la Lega» era però il ministro dell’Interno Salvini.
Quanto alla collega di partito Giulia Bongiorno ieri ha definito «gruzzoletto» i soli 30mila euro che i dipendenti pubblici riceveranno come anticipo del Trattamento di fine servizio (il Tfr degli statali). Il decreto sul tema (articolo 23) è un quiz per burocrati. La domanda di «richiesta di finanziamento» andrà presentata «alle banche o agli intermediari finanziari che aderiscono a un apposito accordo quadro da stipulare entro 60 giorni». Gli interessi di questo finanziamento saranno «trattenuti dall’Inps, fino a decorrenza» e cioé fino al momento in cui i pensionandi raggiungeranno l’età di pensione di vecchiaia (67 anni oggi, in un aumento non bloccato) quando potranno iniziare a dedurli dalle tasse.
Altro punto a rischio costituzionalità è la possibilità di riscatto fino a 5 anni dei periodi senza contributi, primo fra tutti la laurea. La possibilità è «consentita fino al compimento del 45esimo anno di età» escludendo gli unici a cui servirebbe: i 60enni ai quali mancano 5 anni di contributi per entrare in Quota 100. Per i giovani e i precari invece la norma è praticamente inutile. I 5mila euro annui da pagare non serviranno: per loro Quota 100 – esperimento triennale – non ci sarà, andranno in pensione a 70 anni. Con le norme – intonse – della Fornero.
Il prossimo obiettivo di Salvini infatti è Quota 41 (di anni di contributi) dal 2022: un miraggio per donne e precari.