Le telefonate le ha fatte. Ma non sono servite a nulla. Auto assegnatosi l’incarico di sondare i leader di tutti i partiti in vista dell’elezione del presidente della Repubblica, Salvini ha cominciato chiamando ieri mattina Berlusconi. Primo di un lungo elenco di contatti, proseguiti nel pomeriggio. Tutto il teatro allestito dal capo leghista, così come l’uscita di Giorgia Meloni sul «patriota» Berlusconi, servono in fondo a liberare i due alleati-avversari della destra sovranista dall’angolo nel quale vuole stringerli in vecchio Cavaliere. Che i conti e contatti sulla sua candidatura li tiene personalmente, e punterebbe a presentarli a leghisti e italo affratellati quando avrà raggiunto i numeri necessari a farlo sognare al quarto scrutinio (quello in cui è sufficiente la maggioranza assoluta, distante una cinquantina di voti dalla posizione di partenza del centrodestra). Salvini e Meloni non hanno intenzione di consegnarsi ai giochi di Berlusconi e di attendere inerti la quarta votazione solo per assecondarlo, e così – ognuno per conto suo e non in accordo – si muovono.

A Salvini però tutti gli interlocutori, che sono stati nell’ordine Conte, Letta, Renzi e Meloni e poi Brugnaro, Calenda, Speranza, Cesa e Lupi, hanno risposto cortesemente che non è ancora il momento di parlarne. Sostanzialmente accusandolo di falsa partenza. Probabilmente più disponibile è stato solo il presidente della regione Liguria e leader di Cambiamo, Giovanni Toti.

Il capo leghista aveva annunciato che l’esito della sua sortita sarebbe stato un tavolo, convocato da lui, attorno al quale tutti si sarebbero dovuti riunire per decidere il nuovo capo dello stato. Ipotesi incredibile e inedita, che non si verificherà mai ma della quale, hanno detto praticamente tutti non è neanche il caso di parlare, adesso.

«Prima c’è la manovra da approvare» è la formula di stile scelta da Letta e da Conte, ma anche da Meloni, tutti attentissimi a non riconoscere a Salvini alcuna titolarità del ruolo di «king maker». Espressione usata sabato scorso invece da Renzi, che alla festa di Fratelli d’Italia ha consegnato al centrodestra il diritto di fare la prima mossa.

Naturalmente nessuno pensa sul serio che fino al 31 dicembre non si lavorerà per trovare il prossimo presidente, e che ci si risveglierà tutti il 4 gennaio quando il presidente della camera Fico comunicherà il giorno della prima votazione (Fico potrebbe dare qualche indicazione sulla data prevista oggi che incontrerà la stampa parlamentare per gli auguri di stagione). Tanto più che la legge di bilancio non richiede grande impegno da parte dei partiti, che aspettano solo di votare la versione finale della manovra che il governo passerà quasi sotto l’albero di Natale. Ma bisognava dire qualcosa a Salvini e tutti hanno detto: grazie, ne parliamo poi