A quanto a suo tempo riferito da un suo conoscente, un giorno Gianni Agnelli, di ritorno da uno dei suoi viaggi a Roma nei palazzi della politica, commentava: «Sapesse quanta fatica stringere certe mani»; la frase ci è venuta in mente, per analogia.

Pensando a quanto penoso deve essere in queste settimane sorbirsi i discorsi di almeno alcuni degli onorevoli che prendono la parola nell’ambito della Commissione di inchiesta sulle banche che ha da poco preso il via sotto la guida dell’ottimo Casini e che promette di riservarci molte penose riflessioni. Certo si tratta di persone elette dal popolo e da questo punto di vista esse meriterebbero rispetto, ma molti fanno di tutto per non meritarselo.

DA TEMPO ci si interroga sulle motivazioni che spingono Renzi ad attaccare pressoché quotidianamente il governatore della Banca d’Italia. Se ne possono ormai individuare almeno quattro. C’è chi pensa che si tratti di una sorta di vendetta per il caso Etruria, vicenda in cui il cerchio magico non è sentito abbastanza protetto da parte dell’Istituto. Si fa poi riferimento a delle ragioni più politiche, al fatto in particolare che il politico toscano insegue su questo come su altri terreni le tematiche del M5s per cercare di raccattare qualche voto in più. Ci può ancora essere la volontà di mettere in difficoltà Mario Draghi, che in passato è stato alla Banca d’Italia ed è da molti ritenuto il nuovo salvatore della patria, quando, dopo le elezioni, avendo i vari partiti dimostrato la loro incapacità a gestire la cosa pubblica, bisognerà chiamare a salvare i mobili un deus ex-machina.

SI VALUTA infine che l’attacco alla Banca d’Italia possa far parte di un più vasto disegno che mira ad indebolire tutti i corpi intermedi del paese per puntare alla messa in campo di un potere politico sempre più forte e solitario.

Quali che siano le motivazioni del personaggio, in realtà le sue quotazioni sul mercato della politica non cessano di diminuire e i sondaggi indicano che le cose si vanno mettendo male per lui. Il caso Etruria, tra l’altro, potrebbe rivelarsi una bomba a scoppio ritardato, se ad esempio venisse chiamato a testimoniare l’ottimo Ghizzoni, che avrebbe probabilmente della cose da dire. Da parte nostra speriamo soltanto che la farsa della Commissione finisca al più presto e con i minori danni possibili. Ma le prime audizioni hanno comunque lasciato una sensazione penosa, prima con la Banca d’Italia e la Consob che si accusano a vicenda per la non adeguata vigilanza sulle banche venete; poi, ieri con la discussione sul Monte dei Paschi, durante la quale naturalmente ci si è accapigliati senza costrutto.

MA IN REALTÀ, come abbiamo più volte scritto, le responsabilità delle crisi bancarie sono molto vaste e toccano certamente e fortemente anche la politica. Ma chi processerà gli uomini dei vari partiti?

Una sola cosa appare certa: per le banche italiane le difficoltà non finiranno certo con la Commissione di inchiesta.

Intanto da tempo vaga tra Berlino, Francoforte e Bruxelles l’idea che i titoli pubblici inseriti nei bilanci bancari devono essere ponderati per il rischio, appostando quindi adeguati fondi di copertura, mentre sino ad oggi essi sono considerati come privi di rischio. L’introduzione di una simile misura metterebbe in seria difficoltà, oltre ai bilanci delle banche italiane, anche più in generale l’appetibilità dei nostri titoli pubblici, con le conseguenze del caso.

POI UNA MINACCIA più immediata, per il momento rintuzzata, riguarda l’idea avanzata qualche tempo fa dalla responsabile del Supervisory Board della Bce, Danièle Nouy – dietro della quale si sente la spinta di qualche manina berlinese-, di sottomettere i crediti deteriorati ad una disciplina più severa; questo comporterebbe per i nostri istituti la necessità di rilevanti aumenti di capitale e/o la riduzione del credito concesso all’economia. Ma volenti o nolenti , ci si arriverà in qualche modo. Si può soltanto sperare di negoziare perché la botta non faccia troppo male.

POI C’È BASILEA. Il comitato per la vigilanza bancaria che si riunisce nella città svizzera dovrebbe emettere entro fine anno le nuove regole relative al capitale e alla liquidità delle banche a livello mondiale. E naturalmente non potrà che raccomandare un aumento dei mezzi propri a cui anche le nostre banche dovranno più o meno e prima o poi far fronte.

Intanto, i rappresentanti tedeschi e di altri paesi nordici spingono sempre più fortemente per la fine rapida della politica di quantitative easing e di bassi tassi di interesse che Draghi ha cercato sino ad oggi di perseguire. Anche in questo caso le nostre banche e la nostra economia ne dovrebbero soffrire parecchio.
Intanto noi a Roma andiamo dietro alle farfalle, come forse direbbe a questo punto Bersani.