«Ombroso, scorbutico, insopportabile». È lo stesso Armando Trovajoli a definirsi così nel sottotitolo di una sorta di biografia-testimonianza-racconto che arriva quasi a due anni di distanza dalla morte del maestro avvenuta a Roma nel marzo del 2013. A raccogliere le memorie e gli incontri – che sono poi uno spaccato del cinema, del teatro leggero e della musica italiana e internazionale lungo un arco di sessant’anni, è il giornalista Alfredo Gasponi che le ha riunite in un volume Trovajoli racconta (182 pp, 20 euro, Rugginenti edizioni) in uscita in questi giorni.

Trovajoli è stato al centro della musica da cinema italiana, lavorando a non meno di 300 film e del teatro, firmando commedie musicali come Rugantino o Aggiungi un posto a tavola: «Rugantino originariamente era un soggetto cinematografico – spiega il curatore, si intitolava Una e botta via e a proporlo fu Nino Manfredi. Sia Garinei che Trovajoli furono subito entusiasti del soggetto, e decisero di adattarlo per il palcoscenico». Ma il finale scelto – la morte di Rugantino per mano di mastro Titta – capovolgeva i canoni della commedia musicale e il timore che non piacesse al pubblico era palpabile. «I secondi di silenzio intercorso tra la ghigliottina che precipita sul collo di Rugantino e lo scoppio poi degli applausi, ha fatto invecchiare gli autori di dieci anni. Poi in realtà Rugantino è diventato il simbolo di quel genere».

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Il libro – diviso in diciannove capitoli – è il racconto in senso cronologico di una vita d’artista, dal ragazzino che nella Roma del ’32 frequentava Galleria Colonna dove i musicisti cercavano scritture per i tè danzanti e i balli nei locali notturni, alla passione per la classica che presto viene messa in dubbio dall’ascolto radiofonico di Ellington e Armstrong. «Erano due mondi che entravano in conflitto, lui ha preso il diploma da pianista a trent’anni quando era un jazzista famosissimo. Da un lato il rigore della classica dall’altra la fantasia e la libertà del jazz, e questo l’ha portato a interrompere la carriera solista in pubblico».

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Il cinema è una parte fondamentale della sua biografia, come dimostra il forte legame con Ettore Scola che con Pippo Baudo firma le due prefazioni del volume: «La nostra amicizia – scrive il regista de La famiglia – era fatta anche di discussioni e accuse reciproche alla mia incompetenza musicale o alla sua sottavalutazione di certe atmosfere drammaturgiche. Scazzi gentili del tipo ’sei stonato come una campana sena batocchio ’e tu uno zampognaro con le cioce combrate a Bond Street». E poi i viaggi: «a Vicenza per Il commissario Pepe, tutto commentato poi con un assolo di fischio, a Roma nel cortile di palazzo Federici per Una Giornata particolare, che dopo lo strepito delle marce militari tedesche che si concludeva con la ’rumba degli aranci’ strimpellata da lui stesso su un desolato pianino». Nel libro sono tanti gli incontri, come quello con Frank Sinatra: «Una sera me lo sono trovato all’Auditorium di via Asiago, l’ho ospitato in una mia trasmissione e l’ho accompagnato in Laura».

Le voci erano un’altra delle sue passioni, o meglio l’uso delle voci come strumento. All’epoca andavano i Swingle Singers che rifacevano la musica di Bach a jazz. «Invece Armando – spiega Gasponi – inventava delle melodie che elaborava con contrappunto bachiano e con il ritmo jazz e così ha creato una serie di musiche famose. La più celebre fu la registrazione di Sette uomini d’oro con Mina a Studio uno». Il lavoro sui cantanti: «Ore e ore spese con Mastroianni per Ciao Rudy cercando di adattare le partiture sulla voce dall’estensione limitata dell’attore».  Nella carriera di Trovajoli, qualche rimpianto – lui stesso ne parla chiaramente – e qualche progetto abortito. Luciano Berio lo ammirava moltissimo e gli propose di rifare la Fanciulla del west di Puccini come musical, così come L’impresario di Smirne, opere mai portate a termine. Nel 2006 al Sistina era in programma La signora delle mele, tratto dal film Angeli con la pistola, che avrebbe segnato il ritorno di Mariangela Melato al teatro leggero. C’era già il leif motiv, Un sogno è un aquilone, testo di Jaja Sastri da sempre a fianco di Trovjoli. Poi Garinei morì. «Ci voleva un impresario – racconta Trovajoli nelle ultime pagine del libro – il coraggio dell’impresario: era Garinei ma morto lui, morto il Sistina…».