Racconta Egidio Eronico che questo suo film nasce soprattutto dal desiderio di trasformare il personaggio Ettore Majorana in una persona liberandolo dalla «vulgata» che nel tempo lo ha voluto come un solitario, uno scontroso, un misantropo. Ed è solo una piccola parte della letteratura cresciuta intorno al fisico siciliano scomparso a trentadue anni, il 27 marzo del 1938, sul traghetto verso Palermo, dopo avere scritto una lettera all’amico e collega dell’Istituto di Fisica a Napoli, Antonio Carrelli, in cui chiedeva di perdonarlo per i disturbi che la sua sparizione avrebbe causato. E una nota di poche righe alla famiglia, lasciata sul tavolino della stanza di albergo dove alloggiava nel capoluogo partenopeo, in cui li pregava di «non indossare il lutto».

 

 

 

 

Smentisce però la prima con un telegramma che ne annunciava un’altra nella quale allo stesso Carrelli Majorana diceva che sarebbe tornato. «Il mare mi ha rifiutato …». E poche righe dopo: «Non prendermi per una ragazza ibseniana…». Però non tornerà mai più entrando nella leggenda che cresce inevitabilmente di fronte al vuoto. Può essere morte ma non c’è un corpo e allora può essere tutto, ovunque, altrove. Nessuno mi troverà – nelle sale da domani – è una ricerca, un’investigazione anche emozionale che a partire dalle ricerche di Francesco Guerra e Nadia Robotti intreccia molte voci, tra cui il nipote di Majorana, Ettore jr., anche lui fisico, Massimo Onofri, Etienne Klein, Jordi Bonellis. E poi le lettere, gli archivi, le testimonianze d’epoca, le indagini condotte in modo troppo frettoloso anche se la famiglia si rivolse persino a Mussolini – ma sembra che l’accorata richiesta della madre di Majorana non sia mai arrivata sul tavolo del Duce. Per i più era morto pure se tanti dettagli apparivano strani, quei soldi ritirati prima di partire, qualcuno che dichiarò di averlo visto a Napoli dopo la scomparsa.

 

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Le ipotesi nel tempo si moltiplicano. Si è rinchiuso in convento, è andato in Germania, si è nascosto anche se per una figura pubblica come la sua appare difficile in quegli anni sfuggire all’Ovra, la polizia politica fascista. Si parla di dissidi tra lui e Fermi soprattutto ma anche coi vecchi compagni come Emilio Segrè. Lo identificheranno pure con un uomo fotografato accanto al nazista Eichmann in fuga in Argentina, avvalorando così la tesi della decisione di lavorare per il nazismo. Majorana, «un conservatore», non aveva mai nascosto di ammirare l’organizzazione scientifica tedesca, aveva vissuto a Lipsia qualche tempo prima però dell’arrivo al potere di Hitler.

 

 

Sciascia nel suo La scomparsa di Majorana proietterà su di lui la sua riflessione bella e appassionata sulla scienza e i suoi limiti, cosa si può accettare e quando invece arretrare pensando alle conseguenze delle proprie scoperte, ai rapporti col potere. L’atomo, che era il campo di ricerca di Fermi e dei ragazzi di via Panisperna, con le sue conseguenze tragiche.

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Eronico nel film che ha come sottotitolo «Majorana Memorandum»non cerca impossibili certezze ma nemmeno risposte defnitive. Riempie i «vuoti» narrativamente e li restituisce così come la prima persona di Majorana con l’animazione (disegni e illustrazioni di Leomacs): la notte sul traghetto, le ipotesi di altre vite, l’atmosfera soffocante dell’Italia fascista, le ore passate al bar a fumare.

 

 

Nessuno mi troverà non è un biopic, si ferma alla scomparsa e intorno a questa ragiona, scava, accumula idee cercando, appunto, di uscire fuori dai luoghi comuni o dalle semplificazioni. Rimane il mistero che va al di là di sé stesso e insieme illumina un pezzo di storia italiana con qualche paradosso ancora attuale.