Da quando il governo ha stabilito date e modalità delle riaperture, gli esperti del Comitato tecnico scientifico non perdono occasione per fare appello alla prudenza individuale nell’interpretarle. Al professor Rezza secondo cui «le riaperture non sono un liberi tutti» fa eco il collega Locatelli, che invita «ognuno a fare la sua parte». Da queste implicite prese di distanza appare evidente come il governo abbia ascoltato il parere dei tecnici ma abbia poi operato scelte su basi prettamente politiche com’è giusto che sia, tenendo conto delle numerose variabili in campo: la situazione epidemiologica, ma anche la crisi economica, il diritto all’istruzione, le libertà individuali.

Per riassumere la dialettica tra scienza e politica, a Draghi sono bastate due parole: «rischio ragionato». Tuttavia, governo e tecnici avrebbero potuto spenderne qualcuna in più per spiegare gli scenari che ci attendono secondo i modelli predittivi e quali criteri siano stati adottati per pesare tutti i fattori. Perché le previsioni degli epidemiologi alla luce delle riaperture, con tutti i margini di incertezza del caso, non sono state rese pubbliche?

Sembra di tornare alla fine del lockdown del maggio 2020, quando solo una fuga di notizie divulgò i 92 scenari – con relativo Rt – esaminati prima della fase 2. Anche stavolta, per sapere quali carte (o bluff) abbia in mano il governo dovremo attendere i 45 giorni con cui a norma di legge i verbali del Comitato tecnico scentifico vengono desecretati. Troppi.

Tanta reticenza non conviene a nessuno. Gli appelli alla responsabilità individuale sarebbero anzi più incisivi se i cittadini fossero consapevoli delle alternative che verosimilmente ci attendono. Non è importante sapere se il coprifuoco inizi alle 22 o alle 23, quanto conoscere i calcoli in termini di vite umane, posti di lavoro, diritti individuali sacrificati o risparmiati che supportano un’opzione o l’altra. Forse si teme che rendere nota un’eventuale spaccatura tra scienziati e politici comprometta l’autorevolezza degli uni e degli altri. Ma quando la Francia riaprì le scuole nel 2020, il Consiglio scientifico mise nero su bianco la sua contrarietà alla decisione – riconoscendone la legittimità – senza che ciò abbia provocato sconquassi.

Affidarsi alla trasparenza dei dati più che al paternalismo degli appelli avrebbe un altro effetto benefico: interromperebbe il gioco delle parti in onda 24 ore su 24 in cui scienziati e opinionisti si dividono tra “cassandre” e “ottimisti” più sulla base del posizionamento mediatico che delle evidenze scientifiche. Restituirebbe autorevolezza a chi dimostra di conoscere cifre e previsioni, e piena responsabilità a chi prende le decisioni. Cari scienziati, sicuri che non vi convenga?