La gravità inaudita di 900 morti innocenti nel cuore del Mediterraneo sembra abbia, finalmente, smosso le coscienze europee. Speriamo non torni presto tutto come prima.

Si è chiamata in causa genericamente l’Europa. In verità, questo può essere fuorviante. Ci sono tanti gruppi politici, innanzitutto di sinistra, che nel Parlamento europeo da anni denunciano l’inerzia, la paura e l’egoismo che purtroppo hanno dominato. Tutte le decisioni giuste e opportune si sono fermate a livello dei vari governi nazionali e del Consiglio europeo. Tant’è che oggi la situazione è scandalosamente squilibrata: su 28 Stati membri della Ue, solo 6 si sono fatti carico di circa il 77% delle richieste di asilo.

Per questo, su richiesta di diverse forze e del gruppo S&D che si è espresso immediatamente, la prossima settimana si svolgerà a Strasburgo una discussione nell’assemblea plenaria del Parlamento, con una conclusiva risoluzione. Vedremo i risultati concreti che si riusciranno a ottenere.

Il dramma che abbiamo di fronte ha vari aspetti.

In primo luogo, occorre un rapidissimo intervento umanitario di ricerca e aiuto dei disperati che si mettono in viaggio. In breve: un “Mare Nostrum” non delegato alla sola Italia, ma di tutta la Comunità Europea.

In secondo luogo, occorre colpire gli scafisti o gli schiavisti. In modo mirato, continuo e risoluto.

Infine, è decisivo intervenire sulle crisi e i conflitti che divampano nel Medioriente e in Africa. A partire dalla situazione insostenibile della Libia.

Tuttavia, contemporaneamente, va radicalmente cambiata l’ottica dell’Occidente.

Noi non possiamo dare fondamentalmente la sensazione di non volere in ogni caso questi essere umani allo sbando; i quali sono, in grandissima maggioranza, dei profughi. È una logica ben strana quella di una globalizzazione che permette una circolazione illimitata della finanza, delle merci; e perfino l’esportazione in terre lontane di “salvifici” interventi militari, il più delle volte destabilizzanti e dannosi, e che si chiude poi, invece, alle persone in cerca di una qualche speranza, in nome di improbabili rigurgiti nazionalisti.

Il problema dei profughi ha segnato tutto il ‘900, soprattutto tra le due Guerre e dopo il crollo dell’Impero Austroungarico.

Nessuno li voleva. Divennero apolidi, gente senza terra e senza identità. Furono alla fine internati e considerate persone di serie B. Questo nutrì il razzismo e preparò in tante coscienze europee l’indifferenza verso i campi di concentramento e l’eliminazione fisica delle minoranze, fino al genocidio degli ebrei.

Oggi, dunque, per non tornare sugli errori del passato, sapendo bene che queste migrazioni dureranno, perché scaturiscono da ragioni storiche e di grandi dimensioni, noi dobbiamo attrezzarci ad accoglierli. Questo è il salto di consapevolezza che deve fare l’Europa; mettendo in campo uno sforzo unitario, distribuito tra gli stati in modo proporzionale, rispetto alla popolazione e alla ricchezza.

Accoglierli significa non internarli, confinarli, ma, al contrario, dare loro, fin dai luoghi di partenza, canali sicuri e legali per ottenere asilo, diritti e possibilità di trasformarsi da fantasmi subumani in cittadini visibili, con la propria memoria e le proprie speranze di futuro.

Se l’Europa non ritrova senso in questa missione, si svuota di ogni funzione. Anche Salvini si combatte con la forza di un progetto alternativo, piuttosto che con le prudenze che non risvegliano alcun animo democratico.

* Parlamentare Europeo membro della Commissione Affari Esteri