L’aspetto interessante è che ormai se ne parla persino nei testi di esame presso una scuola di lingue rinomata in Austria, ossia di quanti pesticidi sono contenuti negli alimenti. Ciò significa soltanto una cosa: risvegliare le coscienze per creare un mondo migliore. Un giorno sì e uno no apprendiamo che muoiono le api, che il settantacinque percento degli insetti è sparito negli ultimi vent’anni dal nostro pianeta, che molti alimenti sono inquinati, che persone muoiono in seguito alla presenza di pesticidi nella frutta e nelle verdure.
Come difenderci? C’è chi sostiene che ognuno e ognuna di noi può esercitare il proprio potere nel far la spesa, privilegiando questo o quell’alimento lasciando nelle corsie dei supermercati i prodotti industriali. In un documentario visto su arte.tv, però, abbiamo appreso che se è vero che non siamo in una situazione da ultimatum, è anche vero che bisogna agire, e subito! Ma lo devono fare i politici e i responsabili di agricoltura ed economia, perché non è più tempo di azioni singole degli utenti, servono interventi seri e fondanti sul piano pubblico, politico ed economico per migliorare le condizioni di vita del pianeta. Le belle parole «biodiversità» o «rispetto per la natura» che ormai troviamo scritto ovunque, su sacchetti di plastica biodegradabili (sarà vero?), su confezioni di prodotti bio (fino a che punto soltanto strategie di marketing?) e persino non bio (per lavarsi la coscienza?). Qui vi presentiamo un paio di iniziative che pertanto diffondono non poche notizie a proposito, visto che spesso purtroppo la scienza viene usata anche a sproposito per scopi di mercato (non ultima quella chiamata in causa dal parlamento Ue per accordare ancora una volta l’uso del glisofato) e quindi contribuiscono a informare su ciò che arriva sulla loro tavola, tutti i giorni.
È importante, questo sì, che le persone sappiano affinché tutti possano fare la scelta di cosa comprare e non comprare, visto che mangiamo ben tre volte al giorno, per sette giorni la settimana! Siamo ciò che mangiamo, si dice, e andrebbe ricordato quando dobbiamo riempirci di integratori di vitamine e sali minerali perché la frutta e la verdura ormai non contiene più nulla di ciò che dovrebbe apportarci. Perché? I concimi chimici li gonfiano, i pesticidi li rendono più belli ma ne riducono il sapore, ecc. Diversi studi confermano che le piante fatte crescere in libertà nella loro biodiversità – e qui significa: nel rispetto della moltitudine di tipologie che si combattono e si rinforzano a vicenda e così facendo sviluppano frutti e radici saporiti contenenti i micro-oligoelementi di cui anche il corpo umano ha bisogno per stare bene. Parliamo del documentario \Pesticidi, siamo alla frutta| di Andrea Tomasi e Leonardo Fabbri nonché di \Der Malser Weg/La via di Malles|, la storia di un paese in Alto Adige che è riuscito a creare il proprio comune «libero da pesticidi» grazie a un referendum popolare. Tuttora in discussione, però. Persino giuridica.

Der Malser Weg/La via di Malles

Con la giusta organizzazione dietro, la provincia autonoma di Bolzano potrebbe essere terra bio in soli dieci o al massimo quindici anni. Potrebbe. La pubblicità incalza per vendere le mele prodotte in Alto Adige, ma ci possiamo (ancora) fidare delle mele sebbene vendute direttamente dal contadino? Il contadino, oggi, è ancora sinonimo di bontà, genuinità e qualità? A sentire il comitato di Der Malser Weg/La via di Malles la risposta è: no! La storia della lotta di un gruppo di abitanti di un paese nell’Alta Val Venosta che ormai dura da una decina d’anni è narrata in un libro e in un documentario, entrambi con lo stesso titolo, Das Wunder von Mals, in lingua tedesca, realizzati dall’austriaco Alexander Schiebel. Il film è autofinanziato e autoprodotto, e appena ci saranno i fondi necessari uscirà anche in una versione sottotitolata in italiano. Il tema è l’impatto sulla salute umana dell’uso sempre più invasivo dei pesticidi nelle melicolture. Ora, va detto che in Alta Val Venosta fino a pochi anni fa non c’erano piantagioni di mele, gli appezzamenti di terreno servivano per lo più per la coltivazione di verdure o erano semplici campi e prati. A volte anche di piccola misura. Poi, come dappertutto nella provincia più a nord dell’Italia, si è passati sempre di più a piantare meli e quindi a usare i metodi invasivi per trattarli: spruzzarli più volte all’anno con prodotti chimici per garantire un buon raccolto. Ma cosa significa questo per i terreni adiacenti non trasformati in altrettante piccole fabbriche di frutti gialli e rossi? In generale vige la regola che va tenuta una distanza di sicurezza di cinquanta metri dal terreno vicino, peccato che le molecole dei prodotti polverizzati nell’aria non rispettino confini e si alzino persino in altezza, librando nell’aria, tant’è che se ne trovano i residui fino a un’altezza di oltre tremila metri! E vogliamo parlare del vento che in quella zona soffia quasi trecentosessanta giorni all’anno? Il film si apre con l’immagine di un trattore che annebbia il paesaggio da cartolina e va poi snodandosi a raccontare i fatti salienti delle lotte condotte, per altro di grande inventiva: dai primi striscioni con slogan appesi ai balconi e alle staccionate si era passati a pupazzi con maschere a gas, dai mattoni sulla piazza centrale numerati a colori per indicare i 2.377 votanti a favore (il 76%) al referendum perché totalmente ignorati dal palazzo centrale della politica, alle “tute bianche” in bici attraverso le piantagioni… tutte azioni di grande effetto. All’estero il paese di Malles è considerato un’ “isola nel mare di mele” e la parabola narrativa usata nel film è quella che si riferisce alla storia di Asterix e Obelix nei famosi fumetti di Goscinny e Uderzo, ovvero il paese dei galli che si ribella contro l’impero romano. Tutto ciò permette leggerezza e ironia per portare sullo schermo un argomento pesante come il piombo, ossia i residui e le sostanze velenose che ormai si trovano dappertutto: nel cibo e nell’ambiente, sulle foglie verdi e sui bianchi ghiacciai. Das Wunder von Mals non è un’opera d’arte, no, questo film ha il pregio di portare a conoscenza la questione, dà informazioni scientificamente provate rispetto alla dannosità dei trattamenti coi fitofarmaci e ci informa sull’andamento giuridico-politico dello strumento democratico usato per decretare una volontà a furor di popolo: il referendum. Una volta ottenuta la vittoria del sì a “comune libero dai pesticidi”, la lega dei contadini e la politica provinciale si è messa a remare contro a colpi di denunce e di annullamento dello stesso referendum, sebbene fatto a regola d’arte. Il potere dell’economia contro il volere di tanti cittadini benché troppo pochi per far cambiare le leggi… Johannes Fragner-Unterpertinger, tra gli iniziatori del gruppo e autore del blog che settimanalmente aggiorna – chi è abbonato alla newsletter – in ben due lingue sullo stato delle cose a livello planetario, ci fa sapere che l’esito del processo ha ancora da arrivare. Pertanto a settembre era giunta la buona notizia che l’avvocato americano che vinse la causa contro il gigante degli ogm Monsanto negli Usa, Robert F. Kennedy jr, assieme al collega Michael L. Baum, aveva firmato una dichiarazione di supporto della Via di Malles. Un atto importante, visto che a livello locale troppo pochi osano dichiararsi favorevoli a quella via… Troppo alta la posta in gioco, pare.

Certo, gli argomenti toccati sono plurimi: dal mettere in questione l’agricoltura invasiva che copre il novanta percento (i dati dicono che allo stato attuale c’è il dieci percento coltivato a biologico in Alto Adige) al quesito più basilare riguardo al futuro della democrazia. Come si spiega altrimenti un tale atteggiamento aggressivo, spesso gratuito e cieco, nei confronti di La via di Malles che non a caso, forse, viene spesso citata come esempio, a livello europeo e non solo, della efficacia della democrazia diretta? “Sarebbe bello, se la politica locale e le lobby tipo Coldiretti e Bauernbund non ci facessero la guerra continua”, ci fa sapere Johannes. “Il nostro nuovo “Modello Malles” va ben oltre un’ “agricoltura biologica e senza pesticidi” e il modello del “cittadino consumatore eterno” (e rincoglionito). Il “Modello Malles” è un “modello socio-economico-ecologico” e fa da contromodello a quello “puramente consumistico” che fa precipitare nell’inferno il mondo intero. Il nostro modello si avvicina a quello suggerito da Papa Francesco nella sua Laudatio sì, se posso permettermi, io piccolo peccatore, di dire un’eresia simile… ma credo fermamente che l’attuale modello dell’“uomo consumatore eterno e senza Dio” sia fallimentare al cento percento!”

Pesticidi siamo alla frutta

Lo sapevate che le api dopo aver visitato fiori sulle piante trattate con il glifosato, un potente pesticida, hanno problemi di battito di cuore e perdono il senso dell’orientamento per cui non tornano nell’arnia dalla quale erano partite e non poche volte muoiono strada facendo? Quelle che riescono a tornare rilasciano assieme al prezioso nettare anche i residui dei pesticidi che attraverso la cera delle cellule entrano a far parte del miele. Che noi mangiamo… Questa è una delle tante informazioni allarmanti che sentiamo guardando Pesticidi, siamo alla frutta realizzato da Andrea Tomasi, giornalista di “L’Adige”, con Leonardo Fabbri, videomaker. Due anni, tra ricerche e lavoro di montaggio, a budget zero: veniamo a sapere – con dati e statistiche alla mano – la drammatica situazione in cui oggi verte l’agricoltura tra aria, acqua e suolo che nutrono le piante, e quindi il cibo a essa connessa, nell’intero stivale. Il focus è puntato sulla coltivazione delle mele perché è il frutto che crea più problemi nella crescita. Veniamo a sapere che la Slovenia ha sospeso nel 2011 i farmaci neucotinoidi e vien da chiedersi: perché non anche da noi? Veniamo a sapere che nel verde pubblico è vietato l’uso di pesticidi e vien da chiedersi: come mai? Allora è vero che l’ecosistema naturale si è trasformato in un esperimento chimico globale all’interno del quale noi umani rivestiamo il ruolo di cavie? Fino a che punto le persone accettano questo sistema dettato dall’alto? Ne abbiamo parlato con Andrea Tomasi.

Da dove nasce l’idea per il film?

Pesticidi, siamo alla frutta, il mio terzo documentario, arriva in maniera quasi naturale dopo Veleni in Paradiso (visibile gratuitamente sul sito www.farfallaavvelenata.it) in cui si parla di due tipi di inquinamento, rifiuti tossici e pesticidi, in Trentino Alto Adige e Un filo appeso al cielo (scaricabile da youtube), dedicato all’oncologia pediatrica di Padova. Con Pesticidi… parliamo degli effetti dei cosiddetti “agrofarmaci” su ambiente e salute in tutta Italia, con interventi di esperti e analisi e dati incontestabili, quelli dell’Ispra (Istituto superiore per la ricerca e la ricerca ambientale).

Di professione giornalista, nel film hai messo tanti dati poco noti. Quanto difficile/facile è stato trovarli/averli?

Fra le carte studiate ci sono gli ultimi rapporti Ispra, le analisi fatte dai Medici per l’Ambiente in varie parti d’Italia e dal Comitato per la difesa della salute della Val di Non (Trentino). Capitolo dati pubblici… ci sono, ma c’è molto da lavorare in termini di trasparenza sul fronte pubblico. Provate a chiederlo ai tanti comitati cittadini che chiedono di avere numeri e dati disaggregati sulle incidenze delle varie malattie. Un ruolo importantissimo l’hanno giocato i tanti esperti intervistati: medici pediatri, oncologi, agricoltori bio e non bio, apicoltori. In Trentino un grande contributo l’ha dato Roberto Valcanover, presidente dell’Ail provinciale che – intervistato da Paola Siano dell’emittente Rttr – per primo ha iniziato a parlare, a fornire cifre sulle incidenze tumorali e sulle “zone rosse”: un’intervista che compare nel nostro film.  Documentari come questi servono per mostrare i numeri e soprattutto per decodificarli, e far capire che cosa significano.

Hai avuto riscontro da contadini che usano i pesticidi?

Nel film parla un giovane contadino che fa agricoltura tradizionale invasiva ed è interessante notare che ha voluto essere ripreso di spalle, per evitare ripercussioni potenziali… Le reazioni, viste le tante proiezioni in giro per l’Italia, sono le più diverse: ho incontrato agricoltori dialoganti, aperti al confronto, reattivi in senso positivo, e ovviamente numerosi professionisti del mondo agricolo che hanno eretto “muri di cinta molto alti”.

Quali sono stati per te i dati più allarmanti?

Il dato più allarmante, a mio avviso, si trova nel Rapporto nazionale pesticidi nelle acque 2018. Il Trentino resta a livelli altissimi ed è il peggiore, in Italia, secondo solo al Veneto: in Trentino sono stati rilevati 9,3 chilogrammi per ettaro di superficie agricola utilizzata, mentre la media nazionale è di 4,9 kg/ha e la vicina Provincia di Bolzano si ferma a 4,4 Kg/ha. Il Veneto è l’unico territorio che riesce a fare peggio con 11,7 kg di pesticidi per ettaro di superficie agricola utilizzata.

Autoprodotto e autodistribuito, il film sta girando nella penisola… Quale eco?

C’è un grandissimo riscontro. Da aprile, dal giorno della prima proiezione, continuiamo a ricevere email e messaggi di tanti cittadini (di tutta Italia, da Bolzano a Taranto) che chiedono di andare a proiettare il documentario nella loro città perché preoccupati per la loro salute e soprattutto per quella dei figli. Ci sono anche tante associazioni ambientaliste e culturali in genere. L’attenzione, a livello di società civile, c’è eccome, e lo dimostra anche lo spazio avuto sulle grandi testate giornalistiche nazionali: La Stampa, la Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Radio Vaticana, Rai News 24, la trasmissione Mi manda Rai Tre e Sky Tg24.