Il punto della situazione su chi e come ha finora portato avanti la battaglia contro il capitalismo finanziario. Di questo si occupa il lavoro di Ruggero D’Alessandro, L’utopia possibile, Appunti libertari, edito per i tipi di DeriveApprodi (pp. 184, euro 13). Per realizzare questo piccolo memorandum di tattiche, errori, slanci, visioni, repressioni l’autore schiera una importante e trasversale bibliografia, prevalentemente orientata sull’analisi che il sociologo Luciano Gallino ha costruito nello spazio di una vita, dedicata a capire e spiegare i mutamenti del mercato del lavoro, tra teoria dell’azione e teoria dell’attore sociale.

LUNGHI GLI STRALCI ripercorsi da D’Alessandro della pubblicazione dello studioso torinese La lotta di classe dopo la lotta di classe (Laterza), riportati nella riesamina dei movimenti che da Porto Alegre conducono ora ad immaginare nuove comunità con nuove istituzioni in una «eguaglianza delle differenze» che parrebbe poter essere il panorama comune nel quale collocare le municipalità emergenti.

Il lavoro non arriva a parlare delle rebel cities ma si sofferma su «due esemplarità», Porto Alegre e Marinaleda (Siviglia): «i 2700 abitanti la cittadina sivigliana vivono con maggiore intensità una forma di socialismo reale», occupazioni ed espropriazioni di terre, redistribuzione in cooperative, che riescono a raggiungere quasi la piena occupazione. Comunitarismo ed eguaglianza sociale. Assemblee generali periodiche che danno il volto alla leggendaria democrazia diretta, che in questo pezzo dell’Andalusia non è solo una leggenda metropolitana. Analoghe misure per Porto Alegre, una realtà di cui l’autore traccia diverse fisionomie a seconda dei caratteri che vengono presi in considerazioni. Composizione, fini, modo d’agire, rapporti con i soggetti tradizionali che si oppongono all’incontinenza neoliberista e con quelli che ne agevolano, invece, il dilagare. Interessante, nella ricostruzione proposta, è la messa in evidenza di una procedura: due economisti fautori del liberissimo mercato, Alesina e Ardagna («the bocconi boys» con cattedre nelle prestigiose universita statunitensi), convinti che il taglio alla spesa pubblica è l’aquilone che spinge in alto la ripresa grazie ai venti degli investimenti, vengono invitati a una presentazione ufficiale del loro lavoro al Consiglio degli affari economici e finanziari del consiglio europeo dei ministri.

L’ANALISI DIVENTA la parola d’ordine dell’allora presidente della Bce, Jean Claude Trichet, che richiama lo studio in più di una interlocuzione con le istituzioni di Bruxelles. Le procedure amministrative sono spesso l’orma che lascia il potere quando intraprende le strade di vantaggio per i pochi e svantaggio per i molti. La strada che ha portato ad esempio a far fallire l’interlocuzione con Alexis Tsipras, a farla diventare un «lavaggio del cervello» come la definì lo stesso leader greco all’indomani del dignitoso «no» referendario greco al rispetto del patto di stabilità. Un pronunciamento straordinario di un popolo vessato dalle restrizioni bancarie (si votava nei giorni in cui ai bancomat di Atene era possibile prelevare solo una cifra irrisoria) che fu asfaltato dal più potente no della Troika. Ora che sappiamo che quella intransigenza è la placenta dei neosovranismi, di stampo razzista, possiamo dire che la modifica dei parametri di bilancio è forse il minore dei mali persino per il famigerato asse franco-tedesco con le loro politiche financial oriented.

AD APRIRE questo lungo ragionamento sull’oggi, un ampio prologo sul naufragio del sogno del 1917. Non un rimando storico quanto piuttosto un dato progettuale per non dimenticare mai di ragionare sui pericoli che ogni sogno realizzato si porta dietro, quello di svanire quando si tratta di domare i veleni del cuore: autoritarismo, potere, insofferenza al dissenso. Veleni che hanno scritto le peggiori pagine del comunismo, ossessionato dal perseguire chi mal tollerava la forma partito. Demone trasversale agli anni, dalla liquidazione dei soviet all’assassinio dell’anarchico Buenaventura Durruti. Forse, se trasliamo questo libro alla cronaca, si può riassumere così: dobbiamo credere che le navi che salvano i migranti, odiate dal governo, siano non solo la salvezza del presente, ma il cucchiaio che scava il tunnel per il futuro.