In un’intervista a Valentino Parlato di qualche anno fa, Umberto Eco diceva che negli anni ’70 «l’unica alternativa possibile» per chi volesse essere di sinistra senza stare con il Pci era, oltre al manifesto, «il giro di Lelio Basso». Questo patrimonio culturale si è tramandato per decenni, ma il ministero dell’Università e della ricerca non sembra riconoscerlo. Per il triennio 2014-2016, infatti, il Miur alla Fondazione Basso non darà un euro. Alla faccia della sua storia e della sua attività attuale, con nomi in cda come Fabrizio Barca, Salvatore Settis, Walter Tocci, Stefano Rodotà.

Questa mattina la commissione Cultura della Camera dovrà esprimersi sullo schema di decreto ministeriale che istituisce la tabella triennale 2014-2016 degli enti privati di ricerca e ripartisce tra di essi lo stanziamento previsto dal Miur per l’anno 2014. In sostanza, solo oggi si chiede un parere su un provvedimento che per oltre due anni è rimasto inevaso. Inoltre, parliamo di contributi statali (pochi) all’attività di ricerca svolta da Istituti che, sebbene abbiano una forma giuridica privata, svolgono una funzione di utilità pubblica riconosciuta da un Decreto del Miur del 2008. La cosa più sorprendente, e deludente, si ricava però dalla lettura della tabella allegata al provvedimento, dove sono elencati i 42 Istituti ammessi al contributo: non tanto per le presenze, ma appunto per un’assenza che appare incomprensibile. Non si trova infatti traccia della Fondazione Lelio e Lisli Basso (Issoco), della quale è ampliamente nota, in Italia e all’estero, la fervente attività scientifica e di ricerca su temi fondamentali per la conoscenza della società contemporanea svolta da oltre 40 anni in ogni parte del mondo: dagli studi storici al diritto, dall’antropologia alla filosofia, dall’economia alla sociologia, fino a comprendere le interazioni con la dimensione tecnico-scientifica nei campi della bioetica e dell’ambiente, delle risorse energetiche e delle tecnologie digitali. Sulla base dei punti fermi dell’interdisciplinarità e della dimensione internazionale, la Fondazione Basso contribuisce a costruire il discorso scientifico e culturale sulla democrazia, sui movimenti sociali, sulle più emergenti contraddizioni del contemporaneo e ha una spiccata e originale vocazione per la difesa dei diritti fondamentali in Italia, in Europa e nel mondo. La sua attività nel campo della formazione comprende scuole di giornalismo e di democrazia politica, corsi di perfezionamento sui diritti e sui patrimoni culturali. Ha rapporti di collaborazione scientifica con le università e gli enti di ricerca a tutti i livelli, su scala locale, nazionale e internazionale.

L’assenza della Fondazione Lelio e Lisli Basso dall’elenco dei contributi sembra dunque scandalosa ed è a maggior ragione sorprendente perché figurava nelle tabelle dei trienni precedenti. Si tratta dunque un’esclusione che, si ricava dal raffronto delle tabelle, giunge nel momento in cui gli istituti finanziati, per complessivi 3 milioni di euro, beneficiano di aumenti fino al 630%. Beninteso, sono sempre pochi soldi, ma che in un momento di grande difficoltà per gli istituti di cultura rappresentano pur sempre un aiuto fondamentale e che meriterebbero una gestione più accorta e basata sugli effettivi riscontri di merito. C’è naturalmente la possibilità del ricorso al Tar.