Prendono a sassate le vetrine dei negozi di bambole, con pacchi bomba fatti in casa fanno saltare in aria le cassette delle poste, picchiate a manganellate dai poliziotti finiscono in prigione, i mariti le cacciano di casa, perdono lavoro, casa e figli. Le suffragette sono il soggetto appassionate del film che ha aperto il London Film Festival -fino al 19 ottobre e che aprirà il prossimo Festival di Torino, 20-28 novembre.

 
Diretto da Sarah Gavron (Brick Lane) e scritto in collaborazione con Abi Morgan (Shame, Iron Lady),Sufragette (nelle nostre sale il prossimo gennaio) racconta la storia del movimento femminista britannico e di alcune tra le sue protagoniste. Carey Mullligan è Maud, operaia impiegata in una lavanderia della periferia povera di Benthal Green,a East London. Come dice nella deposizione di fronte ai parlamentari di Westminster, figlia di padre ignoto, orfana a quattro anni, a sette si ritrova a lavare panni sporchi per una delle più grosse lavanderie della capitale. Ora ha 25 anni, sposata con un marito conservatore (Ben Whishaw) anche lui impiegato alla lavanderia, vive in una una stanza, con un figlio piccolo da mantenere. «Cosa importa a un’operaia come Maud del diritto di voto?» le chiedono i parlamentari. «Non lo so – risponde lei timidamente – Non ho mai pensato che potesse accadere». E poi bisbiglia: «Ma forse è possibile».

 
Le diverse storie di donne si avvolgono, in una struttura narrativa compatta da cui emerge il complesso processo d’emancipazione. Ragionato nella scrittura, risolto senza comizi o trovate spettacolari, il film segue soprattutto le storie d’ineguaglianza dell’epoca. Nella lavanderia lo sanno tutti che il proprietario abusa sessualmente delle operaie, le adolescenti sono le vittime più frequenti. A casa i mariti ubriachi picchiano le mogli, al lavoro a parità di ore, il salario degli uomini è sempre il doppio, e nella famiglia sono ancora loro a esercitare un diritto totale sui figli.
Maud è doppiamente schiacciata, è povera ed è succube del marito. La sua coscienza si risveglia grazie alll’ amica attivista Violet. Attraverso gli occhi espressivi di Mulligan, vulnerabile e forte, il racconto dei soprusi, privo di sentimentalismo, assume una verità commuovente.

 
La regista Sarah Gravan segue l’organizzazione clandestina di solidarietà tra le donne che vogliono scardinare il meccanismo di controllo e potere dei politici di Westminster, e di una lotta fisica, mentale estenuante in cui l’operaia è accanto alla borghese e all’aristocratica. Nel cast, tante bravi attrici inglesi, tra cui Anne-Marie Duff, l’operaia attivista, o Helena Bonham Carter, farmacista che nel retrobottega fabbrica le bombe. E non poteva manacare Meryl Streep, nel ruolo della femminista storica Emmeline Pankhurst, che dal suo quartiere aristocratico infiamma gli animi.
La regista usa la sua esperienza di documentarista, per ricostruire la Londra degli anni Venti con naturalezza e realismo. Come nelle cartoline vintage, con l’accuratezza dei collezionisti, gli oggetti sembrano uscire dal Victoria and Albert Museum: le teiere di ceramica, le carrozzine per neonati con le ruote grandi. Rivive Oxford Street con i primi autobus, le macchine dell’epoca, i suoi negozi e le strade affollate.

 
Suffragette riflette su un pezzo di storia sconosciuta, una lotta, che come testimoniano i titoli di coda è ancora attuale. Su Time Out sono uscite le foto delle attrici del film con la una t-shirt bianca con su scritto: «I’d rather be a rebel than a slave» (Preferisco essere un ribelle che uno schiavo). E il film nel suo omaggio alle donne che hanno lottato per la parità dei diritti, diventa uno spunto di riflessione sul diritti violati delle donne nel mondo.