L’anno in Cile è ripreso com’era finito: migliaia di persone in piazza partendo da Plaza Dignidad e a seguire la repressione brutale dei carabineros. «Siamo in una fase di transizione – dice Lorena Fries, presidentessa di Corporación Humanas – e ci sono grandi aspettative per i processi riguardanti la verità e la giustizia sui diritti umani, le riforme strutturali per la giustizia sociale e la possibile trasformazione costituzionale che è stata raggiunta con la rivolta di fine 2019».

In questa fase sono le femministe a lanciare il primo appuntamento del 2020, con l’Encuentro Plurinacional de las que luchan (Incontro plurinazionale di quelle che lottano) che si è svolto a Santiago tra il 10 e il 12 gennaio. Il movimento femminista, negli ultimi due anni è cresciuto esponenzialmente in Cile, è in prima linea nelle proteste in piazza così come nelle assemblee popolari. In tutto il mondo si è fatto sentire con la performance del collettivo Las Tesis, Un violador en tu camino, ed è presente, anche, nel movimento studentesco che nei primi giorni dell’anno ha boicottato le prove per la selezione universitaria.

 

foto di Susanna De Guio

 

LO SCORSO FINE SETTIMANA oltre duemila donne, trans e travestite, lesbiche, bisessuali, intersex e non binarie, arrivate da tutto il Cile e da altri paesi latinoamericani, si sono riunite nell’Università di Santiago mettendo assieme le diverse forme del femminismo, con un’agenda politica comune all’interno del processo di lotta che attraversa il paese. Oltre 50 gruppi di discussione tematici hanno dato vita a un enorme laboratorio politico di confronto. Performance, musica e arte hanno animato i cortili dell’università.

«IL MOVIMENTO FEMMINISTA ha inaugurato l’anno della rivolta popolare con lo sciopero dell’8 marzo» spiega Constanza Cifuentes, portavoce della Coordinadora 8M, una delle oltre 20 organizzazioni che hanno convocato l’incontro. «Uno sciopero che è stato accolto con scetticismo da parte del governo. Noi sappiamo che il movimento femminista è trasversale a tutte le altre lotte, noi siamo contro la violenza strutturale in tutte le sue forme, contro la precarizzazione della vita, per questo proponiamo una società diversa, per questo organizziamo l’incontro, e speriamo che anno dopo anno ci permetta di trasformare la vita da come la conosciamo adesso nella società che vogliamo».

Paola Palacios, rappresentante del collettivo Negrocentricas e della Secretaria de mujeres migrantes, aggiunge: «Come donna nera e migrante posso dire che nell’ultimo anno abbiamo diversificato moltissimo i modi di fare femminismo, e questo incontro ne è la prova: sempre più compagne discriminate dal razzismo, le migranti, le dissidenti si avvicinano a questo spazio perché il femminismo è questo, è il poterci riconoscere tutte, e che sia di tutte. Credo che il movimento femminista sia stato all’avanguardia rispetto alla contingenza politica in diversi territori, e qui in Cile siamo state molto attive sia prima che dopo la rivolta sociale iniziata a ottobre».

L’INCONTRO SI È CONCLUSO con un comunicato collettivo che definisce criminale il governo cileno e chiede la rinuncia del presidente Piñera, oltre che la liberazione delle detenute politiche. Si chiede inoltre che venga riconosciuta come un delitto la violenza politica sessuale. L’8 marzo ci sarà una nuova mobilitazione globale e di massa perché, come dice lo slogan, «qui si mette in gioco tutto sennò non ha senso».