Urla e grida: «Sono tornati i nazisti», «Vi bruceremo», «Dovete morire tutti», «Ebrei ai forni», sui loro profili foto di Hitler e svastiche enormi. Una situazione inquietante che è durata un paio di minuti. Tutto potevo immaginare salvo che la presentazione via zoom del mio La generazione del deserto – storia di famiglia, di giusti e di infami durante le persecuzioni razziali in Italia (Manni) organizzata dal Centro di Studi ebraici di Torino e da Istoreto rischiasse di diventare una gazzarra di nazifascisti. Ma non ci sono riusciti. Li abbiamo allontanati e abbiamo proseguito. Questo è il fatto. Però ci hanno provato.

Erano un gruppo di persone organizzate – dalle voci probabilmente giovani – entrate con falsi profili nella riunione zoom della presentazione. E le loro grida schifose e intrusive sono entrate nelle nostre case, cogliendoci di fronte al computer come tante volte in questo periodo. Ho scoperto in queste ore che si chiama zoombombing: entrare nelle riunioni zoom e impedirle. È successo ad altri in questi mesi ma il fenomeno è ancora poco noto. Possono essere ragazzate – come suonare ai citofoni sconosciuti – ma in questo caso non lo erano, erano nazifascisti organizzati che inneggiavano allo sterminio degli ebrei. Parlare di questo episodio corre il rischio di dare visibilità ad un gruppo di nazi imbecilli ma credo invece che sia importante parlarne, scriverne, discuterne.

Anche se è durato solo un paio di minuti e poi sono stati allontanati e siamo andati avanti a riflettere e discutere con Alberto Sadun, Claudia Abbina e Fabio Levi e oltre cento persone che seguivano. Non era infatti una presentazione qualsiasi, vi si parlava di storia e memoria del nazismo e del fascismo. Di deportazione, sterminio e sopravvivenza. E di memoria civile, di cosa fare di questa memoria nel nostro presente. Si discuteva di diritti negati. Non si parlava di una cosa lontana nel tempo e nello spazio ma delle vicende di questo paese.

È una questione di asticella: quella che non si deve superare. Non possiamo continuare a spostarla di volta in volta e rischiare di fare la fine della rana bollita che non si era accorta che l’acqua si stava scaldando. Il clima si va appesantendo, la storia e la memoria sospinte in un passato che si sostiene non abbia niente da dirci, il linguaggio dell’odio – antisemita, razzista, omofobo – avallato dal sentire comune e da parte della politica. Domenica ci hanno provato e non ci sono riusciti. Sono stati denunciati. Questo è quanto abbiamo da dire.