Donna uguale pericolo, dannazione, tranne quella sublimata, angelicata, asessuata: la vergine Maria. A volte adesso provo quasi un senso di odio verso quella figura, perché ha deturpato tutto il mondo femminile». È una riflessione dura e amara quella di Fausto fatta durante una seduta dallo psicoterapeuta per sciogliere alcuni nodi irrisolti che ha da quando a undici anni è entrato in seminario. Fausto è un ex francescano, più di vent’anni fa ha deciso di lasciare la chiesa per vivere apertamente il suo amore per Luiza, catechista brasiliana che insieme a lui aiutava la gente di una povera e sperduta favela.

 

 
È forse in parte da quel messaggio che denigra e sminuisce la figura della donna che trae linfa l’obbligo del celibato imposto ai preti per essere puri e inattaccabili dalle tentazioni, prima fra tutte quella della carne. Una regola istituita dall’uomo dietro a cui si nascondono molte problematiche. Un tema controverso e mai indagato finora in Italia, al centro del documentario Uomini Proibiti della regista Angelita Fiore al suo primo lungometraggio. Donne costrette a vivere relazioni clandestine, figli abbandonati e non riconosciuti, amori e passioni represse in nome della fede o vissute a costo dell’uscita dal sacerdozio. Coppie messe al bando, additate solo per aver provato emozioni e pulsioni terrene.

 

 
Il film però non è un atto d’accusa diretto contro curia e vaticano, piuttosto racconta attraverso tre storie esemplari, diverse per generazioni e vissuti, uno spaccato di realtà che non ha, come si potrebbe pensare, le dimensioni di un’eccezione. A confermarlo un dato inequivocabile: 120.000 i preti nel mondo che hanno lasciato il ministero per sposarsi, oltre a tante relazioni segrete e nascoste. «Uno su quattro – sintetizza Fausto – come se in un esercito un soldato su quattro abdicasse, un ammutinamento». Tra le principali religioni monoteiste, la Chiesa cattolica romana, diversamente da quella cattolica orientale, è la sola ad imporre il celibato ecclesiastico. Probabilmente uno degli obblighi più difficili da osservare.

 

 
Le storie scelte dall’autrice, pur molto diverse, hanno tutte al centro lo sguardo femminile di chi ha fatto un percorso difficile, spesso doloroso, ma anche naturale, gioioso ed inevitabile, di stare accanto ad un uomo di chiesa. Gli ex preti appaiono in tutta la loro fragilità e umanità, cosa non scontata visto che il loro ruolo spesso finisce per sostituirsi alla loro identità. Sicuramente un «mestiere» diverso dagli altri, ma che agli occhi di tutti diventa l’essenza stessa di chi veste l’abito talare.

 

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Il progetto del film è nato nel 2006 da una profonda riflessione della regista sull’amore e la sessualità a partire dalla considerazione di come il retaggio cattolico condizioni e influenzi tuttora la dimensione fisica nei rapporti di molte donne. A questo primo spunto negli anni si è aggiunto il netto contrasto della chiesa nei confronti di divorzio e unioni fra persone dello stesso sesso. Infine gli scandali legati alla pedofilia.
«Tutti tabù che hanno incrociato la mia riflessione sull’amore – spiega la regista – E che avevano come punto d’incontro una chiusura verso la sessualità e l’erotismo, l’aspetto più fisico dei sentimenti. Ai preti è richiesto di dedicare la vita alla fede senza mai far emergere il lato più umano: la passione, l’amore terreno. Quando ho avuto l’idea del film non conoscevo nessuno che avesse quella storia, ho cominciato a documentarmi e a cercare quella realtà per raccontarla».

 

 
Merito del lavoro è mostrare uomini che vivono pulsioni come tutti gli altri e non vi hanno rinunciato. «Non ho voluto fare nulla di sensazionalistico, non era quello che m’interessava – aggiunge l’autrice – Un’altra questione a cui non si pensa è la perdita del lavoro, per alcuni lasciare il sacerdozio significa affrontare un’altra difficoltà, con una laurea in teologia e senza altre esperienze non è facile trovare un impiego e anche l’aspetto economico ha la sua importanza». E se questo è un altro fardello di cui farsi carico, una delle protagoniste del film pone l’accento anche sul patrimonio della chiesa che si alimenta grazie a parte dell’eredità dei suoi sacerdoti. Fra le tre storie quella di Anna è la più dura, nel film è l’unica ad apparire schermata per mantenere l’anonimato. Dopo un amore vissuto clandestinamente, la gravidanza, pochi mesi dopo un ripensamento da parte di lui e l’abbandono.

 

 
Se Fausto è entrato in seminario negli anni ’50, Federico è molto più giovane e insieme alla moglie Fidelia, nigeriana, ha costruito una famiglia serena. Le tre protagoniste hanno tradizioni e culture molto diverse: Anna è italiana, Fidelia nigeriana, Luiza brasiliana: «In questo modo aprono una finestra su ciò che accade lontano dal vaticano – dice Fiore – Anche non aver inserito il parere di teologi e studiosi, voci autorevoli e istituzionali, è stato fatto perché fossero le storie personali a condurre il racconto sul celibato».

 

 
Uomini Proibiti ha rotto il silenzio, ha fatto uscire allo scoperto un microcosmo sconosciuto che da anni si è organizzato in un movimento di preti sposati. In un’era in cui la rete e i social media hanno un ruolo fondamentale anche in questo caso esiste un blog di donne che si confrontano su relazioni più o meno segrete. In Italia la presenza del vaticano non semplifica le cose, anche per questo Angelita Fiore ha pensato di realizzare un cofanetto del film con molti contenuti extra da far arrivare a Papa Francesco che avrebbe già mostrato qualche apertura sul tema del celibato. Per la realizzazione la regista ha lanciato un crowdfunding aperto fino al 2 giugno sul sito www.ulule.com/uomini-proibiti. Il film, prodotto da Maxman Coop e Roberta Barboni, realizzato con il contributo di Emilia-Romagna Film Commission e il sostegno della Cineteca di Bologna e del Centro per lo sviluppo dell’audiovisivo e l’innovazione digitale in Emilia-Romagna, sarà proiettato in anteprima assoluta sabato 13 giugno a Bologna durante Biografilm Festival, dove concorrerà per il premio sezione italiana e opera prima