A guardarli oggi nei vecchi filmati di 40 anni fa i partecipanti contestatori del Parco Lambro 1976 mi sembrano completamente diversi dal ricordo che mi era rimasto impresso nella memoria. Io non c’ero andata ma le notizie degli espropri, la fuga dei cantanti e le cariche della polizia mi raccontavano di un gran casino anarchico, sciamannato e violento.
Oggi invece mi rendo conto che quella violenza nulla ha a che spartire con l’ansia e la cupezza odierna e violenza non è neanche il termine giusto da usare, e quel casino era solo l’espressione di un rifiuto, di una necessaria ribellione, di un ingenuo e a volte anche un po’ ridicolo, fallito, tentativo di cambiare la realtà.

Non c’è violenza alcuna nei girotondi nudi e nemmeno oscenità ne malizia. C’è solo una disarmante sincerità espressa con immediatezza, spontaneità e senza filtri nei discorsi utopici come in quelli più politici. Una liberatoria incazzatura, sana e necessaria, una rivoluzione comportamentale totale nei confronti della repressione sessuale, una rivolta contro i padri padroni, il rifiuto del lavoro alla catena, della dittatura capitalista e dei suoi simboli, c’era il movimento femminista, c’erano gli hippies pacifisti, gli indiani metropolitani, gli studenti, i proletari e i sottoproletari giustamente arrabbiati contro la gestione del festival e i prezzi del cibo che avevano espropriato i camion dei polli aia.

Da Parco Lambro di Alberto Grifi (parziale montaggio delle oltre 27 ore videoregistrate e 3 filmate in 16mm da restaurare) dall’ assemblea femminista: «anche qui di spazio per le donne non ce n’è…ti senti dire dai compagni dei gruppi apri la figa e scopa se no non sei di sinistra, non sei rivoluzionaria, non credi nella lotta di classe e sei pure frigida…oppure che devi approfondire i tuoi concetti sulla libertà sessuale perché se non la dai via sei una piccola borghese..»
O l’inno alla follia e l’invito a creare ’Il comitato nudi verso la follia’ perché: «la vita è un sogno infinito, il comunismo una tappa intermedia per poi partire verso la follia, perché la vita è un sogno infinito». Era il 1976 l’alito rivoluzionario era ancora dolce e leggero e profumava di libertà. Il terrorismo, gli anni di piombo e il cupo riflusso erano ancora lontani.