Pasta, riso, ceci e lenticchie, il tutto condito con pomodoro, cipolle e cumino. Tra i piatti più rappresentativi della cucina popolare egiziana, il kòshari sembrerà una provocazione a un integralista del maccherone ma è in grado di educare anche il palato più refrattario. Come l’omonimo piatto egiziano, l’antologia Kòshari. Racconti arabi e maltesi curata da Aldo Nicosia (Progedit, pp. 172, euro 15) potrà forse far storcere il naso a qualche purista per l’inconsueto accostamento tra le letterature araba e maltese, ma è bene ricordare che si tratta di parenti stretti almeno a livello linguistico. Nella loro varietà e diversità, questi racconti compongono un quadro gustoso e di notevole interesse letterario.

L’ANTOLOGIA NASCE da una coraggiosa iniziativa del curatore, docente di Lingua e letteratura araba presso l’Università degli Studi di Bari, che in questo progetto editoriale ha coinvolto numerosi suoi ex studenti delle università di Bari e Catania che hanno tradotto quindici delle ventuno brevi narrazioni. L’unico, significativo filo rosso che le lega è quello dei rapporti intergenerazionali all’interno delle famiglie dei protagonisti; le due sezioni dell’antologia sono infatti intitolate «Genitori e figli» e «Nonni e nipoti».

Chi però sfogliasse le pagine di quest’antologia cercandovi una documentazione etnografica sulle relazioni familiari nelle società rappresentate rimarrebbe deluso. Gli autori, infatti, riflettono sull’attualità politica dei loro paesi e su fenomeni sociali come la violenza di genere, l’islamismo e l’emigrazione. Lo testimoniano anche i due racconti di apertura della raccolta: «Vorrei un papà martire» dell’irachena Yasamìn Hannùsh e «Mio padre non era morto» del giordano-palestinese Umar Khalìfa. In questi testi, il motivo psicoanalitico dell’uccisione del padre si intreccia rispettivamente con la retorica del martirio nella realtà sociale dell’Iraq di Saddam Hussein e il dramma dell’emigrazione.

La studiosa Maria Elena Paniconi, che si è occupata della figura del giovane nel romanzo arabo, ha mostrato come il tema dei rapporti intergenerazionali si sia fatto strada con forza ai primi del Novecento e il personaggio del giovane in divenire è diventato il principale tropo del moderno.

NON C’È DUNQUE da stupirsi che genitori e nonni siano stati spesso raffigurati come emblema di un passato da cui ci si vuole liberare o la personificazione di una società o di un regime oppressivi. L’eredità di questa tradizione letteraria si coglie in alcuni racconti di Kòshari, come nei due precedentemente citati, o ne «Il ritorno di mia nonna» della marocchina Latìfa Labsìr. In «Dormire ai piedi della montagna» del sudanese Hammùr Ziyàda anche il tema centrale, la premonizione di morte che conduce alla fine, pare ispirato a un classico degli anni 50 del celebre autore siriano Abd al-Salam al-Ugiayli («La visione» tradotto in italiano da Maria Avino per la raccolta Le lampade di Siviglia del 1995 e ripubblicato da Isabella Camera D’Afflitto in Scrittori arabi del Novecento).

DI PADRI AUTORITARI trattano anche «La testa a mollo» di Clare Azzopardi e «Stazione di polizia» di Adrian Grima, due racconti maltesi particolarmente belli e incisivi. Entrambi sono incentrati sul tema della violenza di genere in famiglia raccontata attraverso la prospettiva dei figli. In molti altri racconti, però, la violenza viene dalla società e dal contesto politico, e le diverse generazioni di personaggi fanno sfoggio di grande solidarietà.

Tra i racconti più toccanti e meglio riusciti, vanno annoverati «Kòshari» e «La ghinea di papà» degli egiziani Hasan Kamàl e Muhammad Abd al-Rahmàn al-Murr. Il primo, che dà il nome all’antologia, esalta la dignità e l’amore paterno di un uomo povero che compra un piatto di kòshari per la sua bambina cercando di non farle pesare la propria miseria. Nel secondo, è invece la bambina che decide di non spendere la ghinea che il papà le ha regalato pensando alla routine delle sue incarcerazioni per motivi politici. Tema, quello della repressione politica in Egitto, che anche in Italia tocca ormai corde particolarmente sensibili.