Due ante dipinte d’un verde tenue, impreziosito da una velatura color rame che ne screzia la superficie lignea illudendo la levigata materia di certo marmo prezioso o quella d’una sottile lamina metallica.
Piccole ante (misura ognuna circa venticinque centimetri) d’una chiusa porta centinata sotto un arco dorato. Ai piedritti dell’arco, profilati nell’oro fulgente, a sinistra l’Angelo nunziante mentre, a destra, Maria pudica ne ascolta le parole.

Aperta, la piccola porta, dischiude una luce che abbaglia. Nello splendore dell’oro, ciascuna anta è un’ala ai lati di uno sfavillante comparto centrale. Entro ciascuna, sulla sfoglia d’oro, si muovono per simmetrie calcolate sei capitali episodi, tre da un lato e tre dall’altro, che, dalla Natività nella grotta alla Deposizione nel sepolcro, illustrano la vicenda umana del Cristo.

Gli eventi del dolore e della morte del Figlio. In ciascuno, avvolta nella veste blu cupo, riconosci a lui d’accosto la Madre: nella Flagellazione e nell’Andata al Calvario; nella Crocefissione e nella Deposizione dalla Croce; e, nell’ultimo, quando il corpo viene calato nel sepolcro.

Minuscoli, vibranti scenari nei quali si anima la concitazione dei personaggi coinvolti, spiccano i loro gesti di disperazione, risaltano la crudeltà e lo sconforto, prendon rilievo il pianto e la pietà. Quanto più accosti l’occhio, tanto più si amplia nella propria inderogabilità ogni scena, assurge alla sua piena magnificenza. Vive le passioni e intatte nell’inalterato fulgore che sfavilla e resta una volta per sempre.

Così, il medesimo abbaglio ti attrae nella pagina centrale (al lato settanta centimetri, alla base cinquanta). Al somma la Madonna incoronata, in trono, tra gli Angeli e il Battista e l’Evangelista. Al centro tra i santi Paolo e Pietro, in trono, in braccio il Bambino e inginocchiato, in atto di adorazione, un devoto, la veste purpurea, cinto di regale corona la testa.

Quindi, quasi una collana, otto santi e sante testimoniano al piede la gloria della Vergine. Questo mirabile tabernacolo, dall’assunto unitario nella triplice scansione dorata, risale ai primissimi anni del Trecento ed è conservato a Siena, nella Pinacoteca Nazionale. Eseguito negli anni di Duccio di Buoninsegna, da alcuni studiosi alla mano di Duccio è stato attribuito. Da altri ad un suo strettissimo collaboratore.

A seguito dei suoi studi sulla Maestà di Duccio, James H. Stubblebine, nel suo Duccio di Buoninsegna and His School, pubblicato a Princeton nel 1979, annette al trittico altre pitture che ritiene affini e giunge così ad ipotizzare una personalità di artista bene individuabile. La designa, dal numero d’ordine dell’inventario del museo, come «Tabernacle 35 Master».