In un unico concerto quattro composizioni di carattere accademico di tre autorevolissimi protagonisti – per di più rappresentanti di tre generazioni diverse – della più audace avanguardia afroamericana di matrice jazzistica. Se poi assai qualificati sono gli interpreti, del Ensemble Intercontemporain, direttore Ilan Volkov, e di prestigio sono la sede e il contesto, la Salle des concerts della Cité de la musique e la stagione 2018-19 della compagine creata nei settanta da Pierre Boulez, la serata è certamente un’occasione privilegiata per qualche impressione sul tema dell’impegno – terreno scivoloso – di esponenti della musica improvvisata in composizioni di ambito classico-contemporaneo.

AMMICCANTE, il titolo dato all’appuntamento è Grand Soir Free Style, con riferimento naturalmente alla provenienza dei tre compositori dalla pratica dell’improvvisazione ma anche con allusione a modi diversi di creare composizioni – come quelle presentate – senza ricorrere all’improvvisazione. Se non indirettamente. Perché per esempio Roscoe Mitchell ha concepito il suo Useful News, per un organico di una ventina di elementi, dedicato proprio al Ensemble Intercontemporain, come una traduzione orchestrale di improvvisazioni registrate dal sassofonista in trio per gli album del 2013 Conversations I e II, che a loro volta erano ispirate anche a delle improvvisazioni in solo di Mitchell di qualche tempo prima. Le improvvisazioni sono state trascritte da alcuni suoi studenti del Mills College, poi dalla trascrizione si è passati all’orchestrazione, in cui non è intervenuto solo Mitchell, e, sembra di capire, forse nemmeno principalmente. Questo laborioso procedimento costituisce secondo Mitchell una forma di «conversazione» e di «negoziazione» che richiama le modalità con cui interagiscono i partecipanti ad una improvvisazione di gruppo. E Conversations for Orchestra, in cui rientra Useful News, è un ciclo di opere orchestrali a cui Mitchell sta lavorando in questi ultimi anni. Ma il risultato? Useful News è un pezzo abbastanza arioso, ma dall’orchestrazione alquanto generica, in cui si sente la mancanza di una cifra, di una cura del dettaglio, di un mestiere da compositore accademico.

SE È UNA PROIEZIONE della musica di Mitchell, è una proiezione all’indietro, in una direzione restauratrice. È un brano più conservatore e superficiale dei due movimenti per orchestra presentati nel 2017 ad Angelica a Bologna (ne aveva scritto Mario Gamba), che per quanto non convincenti erano almeno più inquieti e ravvivati dagli interventi di Mitchell al soprano, di Gianni Trovalusci ai flauti e del vocalist Thomas Buckner. Due le composizioni di George Lewis, negli anni settanta emerso come enfant prodige della AACM di Chicago di cui Mitchell è stato fra i capiscuola: straordinario virtuoso del trombone, Lewis ha progressivamente lasciato il campo dell’improvvisazione per consacrarsi all’elettronica e alla composizione.
Nel suo Emergent (2014) il dispositivo elettronico reagisce al flauto suonato dal vivo da Emmanuelle Ophèle, con una moltiplicazione, mutazione e spazializzazione della presenza dello strumento: operazione infine un po’ arida; in The Will To Adorn, per ensemble da camera (2011), la scrittura c’è, ma senza niente di distintivo. Tyshawn Sorey, 38 anni, batterista al fulmicotone, trombonista, pianista, compositore, emblema di una nuova generazione afroamericana iperformata, è il più smaliziato nella scrittura: il suo Sentimental Shards, per ensemble (2014), si ispira tanto a Sophisticated Lady che alla rielaborazione che ne fece il compositore John Adams in American Standard: abile, ma in una dimensione rallentata, quasi onirica, l’evocazione del brano di Ellington finisce per essere nostalgica e consolatoria.