Kassem Aina è un vero leader fra i rifugiati palestinesi in Libano. Il suo prestigio deriva dal suo lavoro e non da un particolare potere che lui ha sempre respinto. È il fondatore del Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila e dell’associazione Assomoud, e coordina le ong palestinesi in Libano.

Che senso ha continuare a ricordare un massacro compiuto 32 anni fa?
Finché non ci sarà giustizia avrà senso ricordare. È un nostro dovere e lo dobbiamo ai nostri martiri e alle loro famiglie. Ma non vogliamo fermarci al solo ricordo, o alla denuncia di quella ingiustizia. Per noi queste giornate sono l’occasione per ricordare e denunciare le ingiustizie di oggi, a cominciare dall’occupazione israeliana della Palestina fino alla negazione dei diritti ai rifugiati palestinesi che vivono in Libano. A questo proposito non finirò mai di ringraziare Stefano Chiarini e il comitato per non dimenticare Sabra e Chatila che per noi è un pungolo per agire… per non dimenticare.

Eppure a volte si ha la sensazione di una diffusa frustrazione, di un senso di impotenza.
Certamente esiste questo fenomeno. Ma non dobbiamo arrenderci. No. Altrimenti finiremo per fare proprio quello che vogliono i nostri aggressori. Io ogni giorno combatto nei campi contro l’apatia e contro la tentazione di lasciarsi andare. Lo faccio con i giovani. Solo puntando su di loro possiamo essere sicuri che il futuro sarà nostro e che avremo giustizia. Ho molta fiducia nelle nuove generazioni. Ma ci serve aiuto. Quando parlo di aiuto però voglio essere chiaro. Noi vogliamo lavorare in piena libertà ed è per questo che ho sempre rifiutato soldi da chi aveva intenzione di condizionarci. Fare questo è una scelta difficile, ma necessaria. Altra questione è che a noi non servono slogan, ci serve concretezza. La concretezza del fare quotidiano è la nostra bussola.

NERO]Cosa pensi di quanto accaduto recentemente a Gaza?
Sono stati giorni molto duri per la popolazione di quel lembo di Palestina. Credimi però sono stati durissimi anche per noi. Era un vero stillicidio sentire ogni giorno le notizie dei morti e delle distruzioni. Ma ho vissuto anche momenti che danno coraggio e fiducia, come quando siamo riusciti a mettere in campo una bellissima manifestazione sulle spiagge del Libano: da Sidone a Beirut, e su fino a Tripoli. Ci siamo incontrati sulla riva del mare, un mare che idealmente ci univa ai nostri fratelli di Gaza, per suonare musica e per lanciare tantissimi palloncini colorati in aria con su scritto i nomi delle vittime dei bombardamenti israeliani. È stato davvero un momento emozionante e con noi c’erano anche tanti libanesi. La musica è vita. La musica è parte della nostra memoria e con essa combattiamo sia il sionismo che l’oscurantismo.

Ma a Gaza chi ha vinto?
Se vogliamo parlare di vittoria, dobbiamo dire che a vincere è stata la popolazione che ha resistito eroicamente all’aggressione israeliana. Non sopporto le divisioni al nostro interno, la nostra gente non le vuole e non le capisce.