Centinaia di televisioni per cosa? Boh. Il Papa a Rio de Janeiro l’altro giorno ha battuto i Rolling Stones, però è vero che né Bergoglio né Jagger sono riusciti a farsi aspettare due giorni di fila come hanno fatto i giudici supremi della Cassazione prima di comunicare al mondo la condanna definitiva di Silvio Berlusconi. Pochi secondi, e tanti saluti. Davanti al “palco” di piazza Cavour non era come a Copacabana, di fan ce n’erano pochi, eppure centinaia di giornalisti si sono appostati con le telecamere come per trasmettere l’evento più importante del XXI secolo.

Invece anche ieri sono state solo otto lunghe ore di suspense a bassissimo tasso spettacolare. Non per sminuire la performance di tutto rispetto degli uomini togati, però che il neo pregiudicato capo del Pdl avesse qualche problemino con la giustizia lo sapevano tutti i telespettatori, e ben prima che la verità giudiziaria venisse archiviata per la storia con la lettura di un dispositivo da azzeccagarbugli. Eppure il circo mediatico, con tanto di cagnolino (c’era anche Dudù, che consolava la fidanzata del Cavaliere facendosi baciare sul musetto) mai come questa volta è riuscito a mettere in piedi uno dei più giganteschi studi televisivi a cielo aperto della storia italiana per scrutare nient’altro che la granitica insensibilità del Palazzaccio. Misteri della tv, bisognerebbe chiedere a Sua Emittenza.

Piazza Cavour è stata trasformata in una specie di bivacco isterico a caccia dell’immagine che non c’era. Nessuna passerà alla storia, probabilmente nemmeno il profilo di Marina, la figlia, quando si è imbucata nel portone di Palazzo Grazioli per stare vicina a suo padre. Del resto nessuno è mai riuscito a soddisfare un’attesa tanto lunga senza venire a noia, figuriamoci il set di un’aula giudiziaria dopo che gli italiani da più di un decennio sono spettatori della stessa ributtante telenovela.

E siccome la società dello spettacolo si nutre anche di audience per misurare il livello di interesse di chi sbircia gli eventi comodamente seduto in poltrona, bisognerebbe chiedere a un qualche Mannheimer se questo evento abbia lasciato una qualche traccia nei cittadini italiani (e nell’elettorato). O se invece il circo mediatico che regge il teatrino della politica – come direbbe l’illustre evasore fiscale – ormai abbia finito per rinchiudersi nella sua gabbia senza nemmeno accorgersi che gli spettatori hanno cambiato canale da un pezzo.