Lo stagno è noto da tempi antichissimi: in lega con il rame forma il bronzo che era noto e usato già 5000 anni fa per fabbricare armi e utensili. Una delle principali fonti di stagno era rappresentata da minerali che si trovavano prevalentemente in Inghilterra. Così è andato avanti per millenni fino al XVI secolo, quando la richiesta del metallo è aumentata in seguito alla scoperta che il ferro, ricoperto con uno strato di stagno fuso, diventava resistente alla corrosione. Nei primi anni dell’Ottocento si è visto che i contenitori di ferro rivestiti di un sottile strato di stagno permettevano di conservare a lungo gli alimenti e da allora le scatole di banda stagnata sono state usate in crescente quantità per gli alimenti e per altri prodotti, come spray, fino al 1980 quando hanno cominciato a subire la concorrenza delle confezioni di alluminio.

Nel 1839 l’americano Isaac Babbitt scoprì che con leghe di stagno era possibile ottenere cuscinetti e leghe antifrizione, indispensabili per tutte le macchine con organi rotanti. Un altro importante uso dello stagno è nelle saldature grazie alla sua bassa temperatura di fusione, 232 gradi Celsius.

Lo stagno si produce principalmente dal minerale cassiterite, ossido di stagno che contiene circa l’80% di metallo; le rocce contenenti il minerale vengono frantumate per separare l’ossido di stagno che viene poi ridotto a stagno trattandolo con carbone che porta via l’ossigeno. Lo stagno greggio così ottenuto è poi purificato per elettrolisi in modo da ottenete metallo puro a più del 99%.
La produzione mondiale di stagno si aggira intorno a 300 mila tonnellate all’anno di cui circa 30 mila sono ottenute come stagno secondario dal riciclo dei rottami. Il principale produttore di minerale è la Cina (circa 110.000 t/anno di contenuto di stagno), seguita da Indonesia e da Myanmar, i paesi che, fino a tempo fa, detenevano quasi il monopolio dello «stagno dello Stretto di Malacca».
Esiste anche una produzione di stagno secondario, circa 60.000 tonnellate all’anno, dai rottami e dallo stagno di recupero.