Vittorio Emanuele II nella topografia ufficiale di Pordenone, inizia da piazza Cavour. Mai soprannome fu così meritato, perché a disegnare entrambi i lati della Strada, cinquecento metri la sua lunghezza, sfilano palazzi e palazzotti costruiti tra il Dodicesimo e il Diciottesimo secolo, che sulla facciate mostrano tracce importanti di affreschi. Al termine della Strada si apre piazza San Marco, con il Duomo. È un po’ nascosta, ma a indicare la direzione da prendere ci pensa il campanile, che sbuca dietro la cortina di case. Scrive Giorgio Vasari in Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri «Costui…. fu il più raro e celebre… nell’invenzione delle storie, nel disegno, nella bravura, nella pratica de’ colori, nel lavoro a fresco, nella velocità, nel rilievo grande et in ogni altra cosa delle nostre arti». ‘Costui’ era Giovanni Antonio de’ Sacchis detto Il Pordenone, massimo pittore del Rinascimento friulano. La casa dove nacque nel 1483, al numero 10 della piazza, conserva un ciclo di affreschi del maestro, rinvenuti in anni recenti. Il volto di Giovanni, un autoritratto, è quello di San Rocco, dipinto insieme a Sant’Erasmo sul pilastro di destra davanti alla cappella Montereale – Mantica, nel Duomo. Qui la mano del Pordenone ha lasciato un capolavoro, la pala d’altare che raffigura una Madonna della Misericordia, alcuni affreschi sui pilastri, una seconda pala d’altare con San Marco mentre consacra Ermacora vescovo di Aquileia, le portelle del fonte battesimale. Giovanni ebbe vita personale movimentata, tre i suoi matrimoni, e vita artistica errabonda che lo vide lavorare in Umbria, Emilia Romagna a Venezia, Genova, Ferrara, rivale acerrimo di Tiziano Vecellio a partire dal 1530 e fino alla morte, avvenuta a Ferrara nel 1539. Seguirne le mille tracce in Friuli vuol dire incontrare non soltanto le sue opere, conservate nelle chiese di cittadine e paesi, ma anche quelle di altri pittori del tempo, soprattutto del genero e allievo Pomponio Amalteo.

Il carburante giusto per partire è uno spritz, da consumare al tavolino di un bar della Strada dipinta, non importa quale, perché, ovunque, il prezzo dello spritz è politico: tre euro, massimo tre e cinquanta. Prima sosta Porcia. Il talento di Amalteo si rivela nella chiesetta duecentesca di Sant’Agnese, località Roraipiccolo, e nell’affresco Madonna con Bambino tra Santa Agnese e Santa Caterina. Altri affreschi datano dal XIII al XVI secolo. Durante alcuni interventi di restauro, è stato rinvenuto un enkolpion, icona bizantina a forma di croce. La visita di Porcia deve comprendere San Giorgio, di epoca medioevale, ricostruita nella seconda metà del ‘500, che accoglie una pala d’altare di Palma il Giovane (1549/ 1628) con soggetto san Giorgio. Gli edifici civili, datati tra ’400 e ’600, annoverano la Torre dell’orologio, il Palazzo del Feudo, la Loggia del Municipio, il castello purtroppo alterato dalle molte ricostruzioni post terremoto e Villa Correr Delfin, una delle più raffinate Ville venete.

Il secondo incontro con Amalteo avviene a San Vito Tagliamento, dentro Santa Maria dei Battuti. Gli affreschi gli furono commissionati dal patriarca Marino Grimani. Il genero del Pordenone riposa dal 1588 nella chiesa di San Lorenzo, annessa all’ex convento dei Domenicani. La presenza di Venezia fino al 1797 si avverte evidente nei monumenti principali della cittadina: Palazzo Altan Rota, preceduto da un giardino all’italiana e arricchito dal parco retrostante; piazza del Popolo, XVI secolo, e la Loggia Pubblica che vi si affaccia.

Se il grande pugile Primo Carnera, grande non solo per mole, fosse vissuto a quei tempi, Il Pordenone avrebbe certamente realizzato un affresco delle sue imprese sportive. A Sequals, dove Primo nacque (da non perdere la visita di Villa Carnera), si limitò invece ai disegni per le storie del Vecchio e Nuovo Testamento, chiesa di Santa Maria Maggiore, frazione di Lestans, ancora una volta dipinte da Pomponio. Ben di più fece Giovanni Antonio all’interno della chiesa di San Pietro, a Travesio. In due periodi diversi, dal 1516 al 1517 per la volta, e dal 1525 al 1526 per le pareti, diede forma e colori alla vita di san Pietro, alla folgorazione di san Paolo sulla via di Damasco, a vari episodi dei due Testamenti e nel sottarco alle rappresentazioni di Carità, Fede, Giustizia, Prudenza e Temperanza. Pomponio non restò a guardare. Sua la pala dell’altare maggiore, 1537, Madonna del Rosario con i santi Antonio abate, Rocco e Sebastiano. E sue le Storie di Maria nel presbiterio di Santa Maria dei Battuti, a Pinzano al Tagliamento. I nove episodi partono dalla cacciata di sant’Anna e san Gioacchino dal Tempio per concludersi con l’Assunzione della Vergine.

La bellissima Spilimbergo testimonia l’ingegno del Pordenone e dell’Amalteo nelle chiese di tre frazioni: Vacile, coro di San Lorenzo; Gaio, cupola del coro di San Marco; Baseglia, coro di Santa Croce. Baseglia vide Pomponio portare a termine, tra il 1544 e il 1550, un ciclo di affreschi unanimemente considerato grandioso, le Storie della Vera Croce. A Vacile, gli ultimi interventi effettuati hanno recuperato, del Pordenone, una Resurrezione, un Martirio di san Sebastiano e san Lorenzo, una Madonna con Bambino e offerente, e altre figure di carattere religioso. Infine l’ottocentesca parrocchiale di San Martino al Tagliamento, che conferma tutta la saggezza del vecchio detto ‘Mai fermarsi alle apparenze’. Guardandola da lontano si è tentati di passare oltre. Scelta che negherebbe l’occasione di ammirare l’enorme san Cristoforo dipinto dal Pordenone nel 1518 su una parete esterna. La parrocchiale venne infatti ricostruita utilizzando fondamenta e materiali di una chiesa precedente. Chi ama il bere bene e i souvenir a tema non mancherà l’acquisto di una bottiglia di prosecco Il Pordenone, prodotto da un consorzio di aziende locali con il metodo Charmat. Per informazioni rivolgersi ai baristi dello spritz.

Appendice: Vita e morte d’artista
Scrive Giorgio Vasari «Per il che non avendo (Ercole II duca d’Este, ndr) in Ferrara ottimi disegnatori di figure … fu scritto con grandissima instanza a Giovanni Antonio che venisse a servire quel signore… e fu ricevuto con molte carezze. Ma poco dopo la sua venuta, assalito da gravissimo affanno di petto, si pose nel letto per mezzo morto, dove aggravando poi del continuo, in tre giorni o poco più, senza potervisi rimediare, d’anni lui finí il corso della sua vita. Parve ciò cosa strana al duca e similmente a gli amici di lui. E non mancò chi per molti mesi credesse lui di veleno esser morto… ». Il gravissimo affanno di petto colse Il Pordenone all’improvviso mentre cenava All’Osteria dell’Angelo l’11 gennaio del 1539, due settimane dopo il suo arrivo a Ferrara, chiamato dal duca per realizzare i cartoni di alcuni arazzi. Ma chi e perché avrebbe incaricato un sicario di avvelenare il pittore? Sussurri e sospetti caddero sul Tiziano, spinto a un gesto così estremo dalla rivalità che nel corso degli anni era andata acuendosi. Se la tesi della leggenda rimane la più accreditata, il conflitto tra i due appartiene alla storia. Dopo aver perso nel 1528 la committenza per una pala d’altare della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia, vinta da Tiziano, Giovanni Antonio torna in laguna otto anni dopo, accompagnato da una solida fama. E infatti gli vengono assegnati, tra i molti incarichi, gli affreschi per la facciata del Palazzo d’Anna (scomparsi), di Palazzo Mocenigo e di Casa Morosini. Nel 1538, il Consiglio dei Dieci decide di togliere a Tiziano, irrispettoso dei tempi di consegna, la decorazione del soffitto della Libreria del palazzo Ducale, per passarla al Pordenone insieme agli affreschi per la sala del Maggior Consiglio. Il Vecellio viene inoltre privato della pensione governativa. Le cronache del tempo riferiscono che l’artista friulano tenesse accanto a sé la spada, anche mentre stava lavorando.