Gli insegnanti di religione cattolica come «cavalli di Troia» della Curia di Milano nelle scuole statali con un missione precisa: scoprire dove vengono organizzati progetti di educazione alla «differenza di genere» e informare la diocesi, perché evidentemente possa predisporre opportune contromisure.

Il copyright è del card. Bagnasco. L’espressione «cavallo di Troia» l’ha usata pochi giorni fa, durante la sua prolusione all’assemblea generale della Cei, per chiudere le porte a eventuali provvedimenti di riconoscimento delle unioni civili etero e omosessuali e per bacchettare quei sindaci che hanno registrato i matrimoni delle coppie gay celebrati all’estero. «È irresponsabile – aveva detto il cardinale – indebolire la famiglia, creando nuove figure, seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di troia di classica memoria». Ora si scopre che ad essere usati come «cavalli di Troia» sono gli insegnanti di religione. Chi di Omero ferisce, di Omero perisce.

Il caso esplode ieri, quando Repubblica mette online la lettera riservata inviata l’8 novembre da don Gian Battista Rota, neoresponsabile della pastorale scolastica e del servizio per l’insegnamento della religione cattolica della diocesi di Milano, ai 6.102 professori di religione (ricordiamo: pagati dallo Stato ma scelti dalla Curia, tramite il sistema delle idoneità, concesse a discrezione del vescovo). «Cari colleghi – si legge – come sapete in tempi recenti gli alunni di alcune scuole italiane sono stati destinatari di una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un’idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale. Per valutare in modo più preciso la situazione e l’effettiva diffusione dell’ideologia del gender vorremmo avere una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte».Una schedatura, precisa lo stesso don Rota, chiedendo «a tutti i docenti nelle cui scuole si è discusso di progetti di questo argomento di riportarne il nome nella seguente tabella».

Quando la bomba scoppia, la Curia milanese prima conferma, cercando di minimizzare – «indagine informale mirata a conoscere i progetti scolastici relativi al tema della differenza di genere» -, poi chiede «scusa», scaricando la responsabilità su un anonimo «collaboratore» del servizio insegnamento religione cattolica reo di aver inviato una comunicazione «formulata in modo inappropriato». L’intenzione – balbetta la diocesi – era quella di conoscere i bisogni formativi dei docenti «per presentare, dentro la società plurale, la visione cristiana della sessualità in modo corretto e rispettoso di tutti».

La politica si divide. Giovanardi esulta: «La diocesi ha fatto bene, ora anche i genitori si ribellino». Deputati e senatori del Pd condannano: «Il ministro Giannini faccia chiarezza, è un’iniziativa grave e indebita». E l’Uds annuncia che il corteo studentesco di oggi si fermerà anche davanti la Curia di Milano. Durissime le associazioni lgbt. «Un abuso inaccettabile, che accende i riflettori su un tentativo di controllo della scuola pubblica da parte della lobby ecclesiastica», dice Flavio Romani, presidente Arcigay. Il fatto che la diocesi «inviti i docenti di religione cattolica a far da sentinelle su temi importanti, come la lotta all’omofobia, derubricandola a volgare indottrinamento, calpesta la dignità professionale e la libertà degli insegnanti, garantita dalla nostra Costituzione». «L’iniziativa è frutto del clima di questi mesi – spiega Gianni Geraci, portavoce del gruppo milanese di omosessuali credenti Il Guado -: la paura di un fantomatico complotto per imporre un’ideologia del gender che peraltro non esiste».