Santo Gioffré è medico e studioso della storia, della cultura e delle tradizioni popolari calabresi. Autore di romanzi storici ambientati nella sua terra, il più famoso è Artemisia Sanchez da cui la Rai trasse una miniserie una decina di anni fa, ha deciso adesso di raccontare una vicenda ambientata in un passato molto più vicino, gli anni Settanta del secolo scorso.

STORIA NECESSARIA e a cui pensava da tempo, soprattutto perché riguardava fatti che lo avevano visto in qualche maniera partecipe durante la sua gioventù. Ma anche storia difficile da affrontare proprio perché implicava il forte coinvolgimento emotivo da parte dell’autore. Nasce così L’opera degli ulivi, romanzo uscito di recente per Castelvecchi (pp. 109, euro 13,50).
Nel libro si respira quasi un’aria da tragedia classica, cosa, del resto, perfettamente in linea sia con la provenienza dell’autore sia con i luoghi, Sicilia e Calabria, in cui si svolge la vicenda. Luoghi profondamente segnati dalla loro appartenenza originaria alla civiltà e alla cultura greca. Quello che viene messo in scena, infatti, è il contrasto tra libertà e necessità, conflitto insanabile che un po’ alla volta spinge inevitabilmente il protagonista verso il proprio tragico destino.

L’EROE DELLA VICENDA è Enzo, giovane calabrese originario di un piccolo paese, Grimaldo del Sarro, studente di medicina all’università di Messina. Appartenente all’Autonomia Operaia, è uno dei leader riconosciuti del movimento. Convinto «che nessuna ombra potesse ingombrare la luce della liberazione», lui e gli altri erano «compagni in una lotta in cui il dolore non esisteva, perché sentivano nei loro cuori giovani farsi finale la forza per la giustizia collettiva». Vive una storia d’amore intensa e delicatissima con Giulia, studentessa di Lettere.

ALL’IMPROVVISO, però, il padre di Enzo viene ucciso e, subito dopo, la sua salma profanata. Nel piccolo paese calabro si scatena una tremenda faida, una guerra senza esclusione di colpi tra la famiglia di Enzo e quella degli assassini del padre. Il giovane protagonista ha tutti gli strumenti intellettuali e morali per evitare di precipitare nell’abisso, e anche i fratelli all’inizio sembrano titubanti e cercano, poi, comunque di tenerlo fuori. I legami di sangue, l’onore, le tradizioni, però si rivelano troppo potenti e il giovane precipita nel vortice di quella atavica violenza. Fondamentale nello spingere la famiglia alla vendetta si rivela essere la madre, figura terribile, custode irremovibile delle antiche tradizioni che non esita a far precipitare i figli nella catastrofe.

PARALLELAMENTE alla vicenda di sangue, Santo Gioffré narra gli sviluppi delle lotte studentesche a Messina, mette in luce gli intrecci e le connivenze strumentali che legano fascisti, italiani e greci, mafiosi e potere accademico e potere politico nell’università e nella città siciliana. E, soprattutto, riesce a narrare con sensibilità e delicatezza la struggente storia d’amore di Enzo e di Giulia. Il tutto con un linguaggio e uno stile assolutamente personali che, pur non essendo aulico, risulta lontanissimo dalla scrittura frenetica e cinematografica di gran parte dei romanzi, neri o gialli, contemporanei. Un linguaggio che sembra rispondere perfettamente alle caratteristiche di una tragedia moderna che si svolge davanti al silenzio indifferente, ma forse anche partecipe, degli ulivi di Calabria.