La gallina è un animale legato alla terra, che sembra richiamare a sé le energie, aiutando – con capacità sciamaniche, come dimostrano i riti sacri di molte tribù – a superare le prove difficili che richiedono coraggio. Così vuole la leggenda ed è per questo che, in un momento pandemico di grande incertezza sul futuro, diventa una bestiola da rivalutare, non più da insultare ritenendola priva di intelligenza e adattamento alla realtà. Il suo posto è quello di un animale amuleto, con un ruolo assegnato in diverse culture di «corpo apotropaico». Non è un caso che quando appare nella Quiete dopo la tempesta di Leopardi porti «il sereno».
Il gallinario, magnifico albo illustrato uscito per Quinto Quarto, ad opera di Barbara Sandri, Francesco Giubbilini e Camilla Pintonato (pp. 78, euro 25) è una enciclopedia divertente che attraversa tutte le specie viventi. Potrebbe interrogarsi su quesiti filosofici che riaffiorano dalla notte dei tempi («è nato prima l’uovo o la gallina?»), ma non lo fa. Preferisce procedere sfatando i miti dell’umiliazione: il cervello delle galline, essendo più piccolo non è che funzioni meno, anzi può contare su più neuroni di quello degli altri mammiferi. Sembra che i pulcini sappiano contare fino a quattro contro un elefante che arriva a cinque e un gatto a tre. L’esistenza di galli e galline è cambiata – non sempre in bene – quando 5000 anni fa hanno incontrato l’uomo perché prima se ne stavano a razzolare nelle giungle asiatiche.

Una volta entrati nel consesso umano, si sono trasformati in simboli potenti: il gallo cantando all’alba dirada le tenebre e protegge la casa, l’altra «cova» nuove vite, ma soprattutto attira fortuna e abbondanza. Non potrebbe andare diversamente per un animale che produce qualcosa di così perfetto come l’uovo, collegandosi alle cosmogonie degli antichi in tutta inconsapevolezza.

Insieme al Gallinario e al catalogo delle specie che circolano nelle campagne del mondo, si può riscoprire anche la bellissima fiaba di Luigi Capuana, scrittore siciliano nato nel 1839 e morto nel 1915, riproposta dalla casa editrice Uovonero e che ha per titolo proprio L’uovo nero (infatti il libro è uscito per festeggiare il compleanno di questa avventura editoriale che prende il nome dalla storia pubblicata nel 1882 nella raccolta C’era una volta). Rivisitata da Sante Bandirali e Alicia Baladan (testo e illustrazioni, pp. 40, euro 16), la favola racconta di come, nelle personalità non allineate, a volte alberghi la magia. Una povera contadina, che si sostenta con le uova della sua gallina che vende al mercato, si trova in difficoltà quando nel suo paniere compare un uovo tutto nero che nessuno vuole acquistare. Lo porterà al re, su consiglio della sua saggia gallina-madre: l’«oggetto misterioso» creerà non poco scompiglio a corte ma poi ogni sforzo sarà ripagato. Fino all’epilogo sorprendente, che sbeffeggia il potere e insieme insiste sulla bestialità che alberga in ognuno di noi. Dovessimo dimenticarlo per eccesso di protervia.