La pubblicazione recente di un gradevolissimo cd in cui sono eseguite musiche dello stile galante, A Souvenir from London by Luigi Marchesini (Glossa, Olanda, € 17,90) fa riflettere sul fatto che l’ascolto di una musica ben scritta oltre a procurare piacere, induce anche a interrogarsi sul suo senso, e sul posto che occupa nella cultura, nelle relazioni sociali. Marchesini era un castrato milanese, nato nel 1756, e morto a Inzago nel 1829, che si era ritirato dalle scene nel 1806. Scrive di lui un contemporaneo: «… era in quel tempo un giovane di bell’aspetto, con una figura prestante ed un portamento pieno di grazia. La sua recitazione era animata ed espressiva, grande la sua potenza vocale, ampia la sua estensione … Nel recitativo e nelle scene di violenza e di passione era insuperabile».

Era anche compositore, di lui ci restano due raccolte di Ariette. Stefano Aresi, a capo dell’Ensemble Stile Galante, costruisce intorno a questa figura esemplare di cantante musicista del secondo Settecento un interessante ventaglio di proposte musicali, che sembrano ricostruire l’atmosfera di un salotto dell’epoca a Londra – ma potrebbe essere Parigi o Berlino o Pietroburgo, città quest’ultima in cui Marchesi soggiornò, ma dalla quale fuggì terrorizzato dai freddi inverni. Visse invece a lungo a Londra. E a questa permanenza è dedicata la raccolta del cd. La musica galante si proponeva di attrarre l’ascoltatore con la gradevolezza delle melodie e la semplicità dell’elaborazione armonica. Ma tutto era tranne che una musica realmente semplice: si avventurava invece nella caratterizzazione musicale dei sentimenti o, come allora si diceva, degli affetti.

Lo stesso virtuosismo vocale o strumentale era finalizzato non solo a evidenziare la bravura dell’interprete, ma a porre in risalto la sua capacità di aderire all’affetto da rappresentare: saranno i romantici a trasformare la rappresentazione in espressione, anzi a sostenere che la musica non rappresenta, ma esprime i sentimenti, creando le premesse dei troppi equivoci che ancora oggi circolano sul senso della musica. La visione settecentesca è invece assai più complessa. Robert O. Gjerdingen vi ha dedicato una monografia indispensabile per chiunque voglia avere un quadro non semplicistico della musica del secondo Settecento in Europa: La musica nello Stile Galante (a cura di Giorgio Sanguinetti, Astrolabio, 2017). Oltre ad alcune ariette di Marchesi, (soprano Francesca Cassinari) nel cd sono incise musiche strumentali assai interessanti di Anne Marie Krumpholtz (variazioni per arpa), James Cervetto (duetto per 2 violoncelli) e Katerina Veronika Anna Dusíková Cianchettini (sonata per pianoforte).

A chi si rivolgeva una simile, raffinatissima, musica, che rappresenta il livello medio della musica del tempo? A un pubblico che ne condivideva l’impostazione culturale e sociale. La musica faceva parte dell’educazione di chiunque aspirasse a frequentare la società, un salotto letterario o un teatro. Il compositore sapeva dunque che le sue architetture musicali sarebbero state intese e apprezzate da ascoltatori che condividevano con lui le stesse conoscenze musicali. Certo, tutto ciò riguardava un settore ristretto della società; ma meno di quanto si possa pensare, e in ogni caso comune alla borghesia e all’aristocrazia. Oggi questa condivisione di conoscenze è sparita. Il compositore deve pertanto affidarsi ad altre strategie musicali per catturare l’interesse dell’ascoltatore. Inutile rimpiangere un passato irrecuperabile, si potrebbe tuttavia educare, fin dall’istruzione primaria, il cittadino a una maggiore competenza musicale, come avviene, e spesso mirabilmente, in altri paesi, per esempio in Olanda. Da noi, uno studente può essere bocciato alla maturità se non sa collocare Manzoni nel suo secolo; in compenso può ignorare a quale secolo appartengano Monteverdi, Josquin, Pergolesi.