Che cosa cambia a Nord-Est? In tempi non lontani luogo-simbolo del dinamismo dell’industria italiana, mecca dell’efficienza e specchio di un’immagine virtuosa dell’Italia: l’Italia che lavora e che produce benessere, con la serietà e l’orgoglio di chi sa rimboccarsi le maniche, consapevole che la fortuna è qualcosa da costruire in proprio, con costante impegno e sacrificio. Ma c’è un rovescio della medaglia e infatti, ultimamente, un po’ come accade nella vicina area lombarda, l’aria che si respira non è più la stessa. Largo bacino elettorale per la Lega, il clima nella zona si è andato via via esasperando e le tensioni sociali, assieme alla decrescita e ai malumori, si sono fatte sempre più forti. Queste crepe che incrinano l’immagine «mitica» del territorio veneto (e dintorni) fanno capolino anche nel cinema.

SI INSINUANO dando conto di una realtà spesso contraddittoria, molto più sfaccettata rispetto al cliché di proverbiale efficienza che per anni ha accompagnato la narrazione del territorio. Già in Piccola Patria, nel 2013, Alessandro Rossetto, regista padovano classe 1963, metteva in luce alcuni dei cambiamenti in atto affrontando nodi spinosi: il razzismo che già serpeggiava, l’ossessione per «i schei» (i soldi), cattiveria e rancori non sopiti che di fatto anticipavano lo stato d’animo che di lì a poco si sarebbe insediato come un virus nei cuori di gran parte degli italiani. Rossetto, oggi, torna a raccontare con sguardo critico le sue terre nel nuovo film Effetto Domino, che sarà presentato alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Sconfini. Prodotto dalla Jolefilm con Rai Cinema e distribuito in sala a partire dal 3 settembre da Parthénos, il film, liberamente tratto dal romanzo di Romolo Bugar e interpretato fra gli altri da Diego Ribon, Lucia Mascino, Marco Paolini, insegue l’idea di un geometra, che assieme a un imprenditore del settore edilizio, sogna di convertire grandi alberghi in disuso di una località termale un tempo alla moda in residenze di lusso per ricchi anziani. I schei. Ancora. Sempre. E prima di tutto. Assecondando la decadenza etica e morale (ma anche economica) in una perenne corsa all’autoconservazione.

LE TRASFORMAZIONI del territorio, indagato da un punto di vista sia economico che storico-sociale, è anche al centro del nuovo documentario di Andrea Segre, Il Pianeta in mare, ambientato a Marghera, cuore meccanico della laguna veneziana che da oltre mezzo secolo non smette mai di battere, in bilico tra il suo ingombrante passato e un futuro incerto. Un viaggio immersivo che si addentra nei luoghi e nella memoria, raccontato attraverso le voci dei mestrini e le immagini dell’archivio Luce, tra gli scheletri delle grandi navi in cantiere e i fumi delle raffinerie, dentro al vissuto quotidiano di manager e operai. Il Pianeta in mare racconta ciò che resta di un sogno di progresso industriale del Novecento, oggi ineluttabilmente investito dai postumi della crisi, inghiottito nel flusso dell’economia globale e delle migrazioni.  Il petrolchimico , la Fincantieri, il nuovo mondo telematico di Vega, gli alti forni, i container, le alte ciminiere: un piccolo mondo antico che ha dismesso la sua aura di «progresso» e «modernità» andando incontro alle incognite del presente. Segre e Rossetto, due delle voci più rappresentative del Nord-Est, raccontano così la loro terra, i luoghi, i paesaggi, la gente, descrivono ciascuno nella cifra che gli è più congeniale, uno attraverso il documentario, l’altro nella finzione, quei cambiamenti che hanno mutato profondamente, nel tempo, il tessuto sociale.

INTERROGANO e si interrogano su ciò che questo territorio è stato e su ciò che è, disegnando al tempo stesso scenari imprevedibili, ma soprattutto dando ascolto alle voci più autentiche, quelle della gente, ultimi testimoni di un mondo in dismissione.